Se c’è una cosa che Netflix ha già dimostrato di saper fare è evolvere. È accaduto in passato e accadrà ancora. Oggi tiene banco la notizia emersa dall’analisi dell’ultima trimestrale, una flessione nel volume di abbonati, per la prima volta da dieci anni a questa parte. Le ragioni sono molteplici: la graduale uscita dalla pandemia (e dalle case dove abbiamo trascorso i lockdown all’insegna dello streaming), un ennesimo rincaro introdotto oltreoceano, la concorrenza sempre più agguerrita e l’addio forzato alla Russia. Dunque, come sarà la piattaforma? Proviamo a immaginarlo.
Netflix 2.0 3.0: una piattaforma tutta nuova
Non possiamo guardare avanti ignorando quanto già avvenuto. Non tutti ne sono a conoscenza, ma ai suoi albori, nella seconda metà degli anni ’90, l’azienda era attiva sul fronte del noleggio DVD. Proprio come Blockbuster, rimasto però schiacciato sotto il peso dell’incapacità di abbracciare il cambiamento. Per uno strano scherzo del destino, le due realtà torneranno a competere nel metaverso.
Il cantiere per l’allestimento di quella che potrebbe essere definita la Netflix 3.0 è in realtà aperto da tempo. Per dirla tutta, l’etichetta stessa di piattaforma già oggi è piuttosto riduttiva. Da quasi una decina d’anni è a tutti gli effetti una casa di produzione (fin dai tempi di House of Cards). Da un biennio abbondante si è lanciata nel settore gaming, con ambizioni che potrebbero presto oltrepassare i confini del territorio mobile. E all’orizzonte si palesa un significativo rinnovamento del modello di business, con l’introduzione di abbonamenti economici supportati dalla pubblicità. A questo si aggiunga la volontà dichiarata di guardare con interesse all’acquisizione dei diritti per la trasmissione in diretta degli eventi sportivi.
The woke mind virus is making Netflix unwatchable
— Elon Musk (@elonmusk) April 20, 2022
Dal woke mind virus alla diversificazione
A invocare il cambiamento o un ritorno alle origini sono in molti. Capofila della schiera un certo Elon Musk, che in un tweet di oggi attribuisce al cosiddetto woke mind virus la responsabilità di aver reso il servizio inguardabile. E pensare che ha appena fatto il suo debutto nel catalogo, nel ruolo di protagonista con il documentario Ritorno allo Spazio. Il dito è puntato contro i tanti contenuti realizzati nel nome del politicamente corretto, dell’inclusione e della diversità.
L’immagine qui sopra (dal documento rilasciato agli investitori) ben fotografa le recenti evoluzioni nell’ambito dello streaming premium. Prendendo in considerazione gli Stati Uniti, da maggio 2021 a febbraio 2022, Netflix ha incrementato di mezzo punto percentuale circa la propria quota. Nello stesso periodo, YouTube e Hulu hanno fatto registrare una flessione. Crescita simile per il concorrente Prime Video di Amazon, mentre solo Disney+ ha fatto meglio. A conti fatti, sembra fuori luoghi parlare di crisi.
Il mercato segue però regole tutte sue e gli azionisti chiedono una crescita continua. I vertici della società lo sanno bene e faranno di tutto per accontentarli, percorrendo anzitutto la via della diversificazione. Dal noleggio dei DVD al catalogo di film e streaming a portata di click. E poi? Il gaming? Lo sport? La musica?