Dopo i primi test clinici con l’installazione temporanea al di sotto della retina biologica del paziente, la retina artificiale ideata dalla società teutonica Retina Implant si trasforma in un dispositivo bionico impiantato stabilmente all’interno dell’apparato ottico di due pazienti britannici.
Chris James e Robin Millar, entrambi colpiti dai gravi effetti del morbo noto come retinite pigmentosa (degenerazione progressiva e infine perdita totale della vista), hanno ripreso a ricevere “feedback” ottici subito dopo l’installazione della succitata retina artificiale nelle rispettive operazioni chirurgiche condotte presso due ospedali londinesi.
La retina artificiale di produzione tedesca consiste in un microchip dotato di 1.500 diodi luminosi, in grado di carpire la luce fatta filtrare attraverso l’occhio e “impressionare” un’immagine della visione sul nervo ottico e infine nella parte del cervello coinvolta nell’interpretazione della vista.
L’impianto della retina artificiale comprende anche un dispositivo esterno (che alimenta e controlla il microchip-sensore) collocato dietro l’orecchio del paziente, e permette dunque – diversamente da qualche anno fa – di usare il microchip nella pratica quotidiana.
Al momento la retina artificiale non restituisce del tutto la vista ai pazienti ma permette loro di tornare a distinguere forme, oggetti e prodotti (ad esempio frutta) di uso comune. In futuro, dicono i responsabili degli interventi chirurgici di impianto, questa tecnologia potrebbe divenire una protesi “ordinaria” da usare per trattare tutti i casi di retinite pigmentosa e altro genere di malattie degenerative della retina biologica.
Alfonso Maruccia