Il governo neozelandese non aveva comunicato l’istituzione, da oltre un mese, di un sistema di filtro sulla Rete . Questo è quanto sostiene la Tech Liberty , gruppo neozelandese che difende i diritti civili in Rete.
“È un giorno triste per l’Internet neozelandese – ha dichiarato il portavoce del gruppo Thomas Beagle – e siamo molto dispiaciuti che il filtro sia stato già adottato”, oltretutto “in maniera così silenziosa”. Il rischio, spiega, non è solo relativo alla compressione della libertà in Rete e ai rischi di un intervento censorio da parte dello Stato, ma riguarda anche la stabilità di tutta la Rete nazionale : creare un unico punto di passaggio per tutti i siti, strettoia per effettuare il controllo, significa far reggere l’intera struttura su un unico pilastro.
Il Governo, da parte sua, respinge la accuse – non sul filtro ma sulla segretezza – dichiarando che il mese in questione rientrasse semplicemente nel periodo di sperimentazione del sistema (in atto da due anni e mai tenuto nascosto al pubblico).
Per il momento Tech Liberty ha rivelato che gli ISP ad aderire al sistema di filtri di stato sono Watchdog (sic) e MaxNet. Il primo ha aggiunto nelle tariffe le spese necessarie all’adozione del filtro, mentre il secondo non ha pubblicizzato in alcun modo la novità. Ai due presto si uniranno gli altri ISP Telstra Clear, Telecom e Vodafone, mentre Slingshot e Natcom hanno già negato la collaborazione, e Orcon ha chiesto maggiori informazioni per quanto riguarda l’impatto del filtro sul servizio offerto alla clientela.
Il sistema della Nuova Zelanda adotta il Netclan Whitebox svedese: un filtro per cui l’accesso ai siti passa attraverso un Border Gateway Protocol che li screma in base ad una lista nera contenuta in un server centrale gestito dal Ministero competente . La lista è controllata mensilmente per eliminare falsi positivi, ogni URL censurata deve essere giustificata e, attualmente, sembra essere limitata alle pagine che contengano materiale pedopornografico .
Secondo le statistiche del governo neozelandese, la lista attuale sembra contenere più di 7mila URL censurate, circa il doppio, per esempio, dei siti bloccati in Turchia. A differenza delle misure censorie eventualmente adottate su altri media la blacklist resta, tuttavia, segreta.
Claudio Tamburrino