Autorizzato in sede d’appello, il founder di Megaupload Kim Dotcom ha denunciato il governo neozelandese e in particolare l’agenzia di intelligence Government Communications Security Bureau (GCSB), accusata di aver condotto le operazioni d’intercettazione delle sue comunicazioni private dopo il raid scatenato dagli Stati Uniti contro il mega-impero del file hosting.
L’imprenditore di origini tedesche – che da diversi anni è residente agli antipodi – chiede un totale di 8,5 milioni di dollari locali (circa 5 milioni di euro) come forma di risarcimento per le attività illecite di sorveglianza da parte del Bureau , espressamente vietate dalla legge kiwi sulle intercettazioni nei confronti di tutti i cittadini .
Alla High Court di Auckland, Dotcom ha denunciato l’adozione di tattiche invasive ed eccessivamente aggressive nei confronti della sua famiglia, quando la moglie Mona veniva strappata ai suoi tre figli durante il raid statunitense, dopo un assalto aereo in tenuta anti-terrorismo alla villa neozelandese. Il founder di Megaupload ha inoltre denunciato il vicepremier Bill English, reo di aver sepolto le intercettazioni illecite ancor prima della visita a casa Dotcom.
Mentre si consuma l’attesa per il processo che potrebbe portare all’estradizione dei responsabili di Megaupload, Dotcom ha trovato forza nel significativo vizio formale all’interno del mandato di perquisizione e sequestro voluto dal governo di Washington. Il boss del file hosting vuole essere risarcito anche per i danni alla casa e soprattutto alle costose attrezzature informatiche sequestrate dalla polizia. Il processo all’intelligence neozelandese dovrebbe iniziare nel prossimo marzo .
Mauro Vecchio