Avvertimenti e disconnessioni, ma con la mediazione dell’autorità giudiziaria: anche in Nuova Zelanda le ghigliottine antipirateria si fanno meno affilate. Ma non promettono di essere inoffensive nei confronti dei cittadini della rete.
La sorveglianza e le disconnessioni che l’industria avrebbe voluto comminare ai cittadini della rete per mano dei provider non erano riuscite a mettere d’accordo gli ingranaggi del sistema di tutela del diritto d’autore online. La Nuova Zelanda, sull’onda degli altri paesi del mondo che meditavano di contenere la pirateria consegnando all’industria dei contenuti la responsabilità di farsi giustizia da sola, aveva messo mano al quadro normativo che tutela il diritto d’autore. Era stata modificata la sezione 92A della legge sul copyright, si era stabilito che detentori dei diritti e fornitori di connettività avrebbero dovuto stilare un codice di condotta che regolasse il meccanismo della tutela delle opere. L’industria premeva per un sistema di sanzioni che esercitasse sui netizen un effetto davvero deterrente, i provider resistevano alle richieste dell’industria: non intendevano agire da boia per conto di major e studios, non intendevano inimicarsi i propri utenti.
Gli attriti tra le due parti avevano costretto il legislatore a rallentare: la legge era stata congelata in attesa di una revisione . Il testo è ora disponibile online: restano gli avvertimenti, restano le disconnessioni, ma a sanzionare il cittadino della rete ci sarà l’autorità giudiziaria e non la parte lesa dalle eventuali violazioni.
Il meccanismo della tutela del diritto d’autore online, così come tracciato dalla proposta di emendamento, si articola in tre movimenti. Si prevede che il detentore dei diritti possa battere la rete alla ricerca di cittadini della rete che abusino del file sharing: l’industria dei contenuti può racimolare indirizzi IP , può comunicare al provider l’avvenuta violazione. Il fornitore di connettività dovrebbe provvedere ad inoltrare una notifica all’intestatario dell’abbonamento . Una notifica che assumerebbe la forma di un’ingiunzione formulata dalla stessa industria qualora il netizen non dovesse desistere dalla violazione della legge. L’abbonato, ricevuta l’ingiunzione, avrà la facoltà di controbattere all’accusa contattando direttamente il detentore dei diritti e difendendo la propria posizione.
Qualora l’abbonato si dimostrasse recidivo e non si facesse intimidire dall’ingiunzione, il detentore dei diritti potrebbe rivolgersi al tribunale che in Nuova Zelanda dirime i contenziosi in materia di diritto d’autore. Potrebbe chiedere alla corte di mediare presso il fornitore di connettività per ottenere le generalità dell’abbonato sospettato. Ottenuti i dati del cittadino della rete il detentore dei diritti potrebbe procedere a contattare il presunto condivisore e chiamarlo a difendersi in tribunale. Il Copyright Tribunal deciderà sul da farsi: potrà erogare sanzioni e accordare richieste di risarcimento, potrà determinare la posizione dell’accusato di fronte alla legge ed eventualmente punirlo con la disconnessione .
La proposta del legislatore neozelandese si allinea con la decisione espressa dal Consiglio Costituzionale francese sulla dottrina Sarkozy e con quanto decretato in ambito europeo in occasione del voto sul Pacchetto Telecom: solo l’autorità giudiziaria può privare il cittadino del diritto ad informarsi e a manifestare il proprio pensiero con la mediazione di Internet. I cittadini neozelandesi sono ora invitati al dibattito .
Gaia Bottà