Mountain View (USA) – Google rinnova il regolamento sulla privacy dopo appena 15 mesi dall’ultimo ritocco ed i portavoce aziendali declamano: “più sicurezza, più trasparenza”. Gli amministratori del motore di ricerca hanno reso noti dettagli finora mai svelati , che rivelano, anche se solo in parte, gli arcani del potere celati negli ingranaggi di questa instancabile macchina macinadollari.
“I dati personali che vengono registrati durante l’uso dei nostri servizi”, si legge nel testo del regolamento , “sono utilizzati per visualizzare contenuti e pubblicità personalizzate, sviluppare nuovi servizi ed eseguire test sul funzionamento dei sistemi informatici”. Pratiche molto comuni nella cosiddetta new economy . “Attenzione”, allertano i portavoce di Google: “siti affiliati e partner potrebbero non utilizzare le nostre stesse regole”. Affermazione che stride con il fatto che non vi è una definizione chiara, da parte di Google, su cosa effettivamente sia un sito affiliato o partner, il che non è da poco se si considera l’oceano di siti che, soprattutto sul fronte della pubblicità, hanno a che fare quotidianamente con BigG.
L’impero di Google si basa sul trattamento di informazioni e la sua esplosiva crescita nel settore dei servizi gratuiti – dal mapping satellitare fino alla posta elettronica – è dovuta al trattamento dei dati di registrazione o, come maligna qualcuno, alla monetizzazione degli utenti. Fin qui, niente di veramente inatteso.
Ma c’è un piccolo particolare nella nuova policy che ha fatto storcere il naso agli amanti della riservatezza: nessun limite temporale all’archiviazione di dati sensibili.
I bassissimi prezzi dei dispositivi d’archiviazione di massa sembrano poi distruggere ogni possibilità d’oblio telematico . Una prospettiva che ha fatto sobbalzare Preston Gralla, esperto di nuove tecnologie ed autore di numerosi libri divulgativi sull’informatica: “Questo aumenta le possibilità che Google crei profili individuali superdettagliati”, sostiene Gralla, “con il conseguente aumento di rischi legati alla sicurezza”.
I dati registrati da Google sono destinati alla vita eterna , come ha da tempo ipotizzato Marco Calamari del Progetto Winston Smith , sommersi dentro archivi interminabili? Anche Christ Hoofnagle di Electronic Privacy Information Center è di questa opinione e scuote la testa: “La mole di dati che Google immagazzina tramite blog, mappe, foto, messaggistica personale ed email è impressionante”, dichiara Hoofnagle, che ha emesso un netto giudizio negativo sul nuovo regolamento, giudicato non sufficientemente trasparente, della grande multinazionale di Mountain View. Il punto più oscuro e polemico, secondo Hoofnagle, è la mancanza di tutele sostanziali che salvaguardino realmente la privacy degli utenti, nonostante l’approvazione da parte dell’Unione Europea delle politiche di Google sul trattamento dei dati.
Tommaso Lombardi