Il recente lancio del nuovo Bing non è il risultato di un’iniziativa messa in campo da Microsoft in fretta e furia per cavalcare l’onda dei chatbot e l’interesse generato nel grande pubblico, ma il risultato di un progetto longevo e avviato anni fa con Sydney. A chiarirlo è un nuovo intervento sul tema da parte della società, con riferimento specifico alla roadmap che ha scandito la lunga fase di test condotta fin qui (e non ancora conclusa).
Da Sydney al nuovo Bing, una lunga storia
A parlarne è stata Caitlin Roulston, Director of Communications del gruppo di Redmond, attraverso una dichiarazione affidata alle pagine del sito The Verge e che si apre citando il nome in codice emerso nelle ultime settimane. Ne riportiamo di seguito un estratto in forma tradotta.
Sydney è un vecchio nome in codice per una funzionalità di chat basata su modelli precedenti, che abbiamo iniziato a testare in India nel tardo 2020. I dati che abbiamo raccolto ci hanno aiutati nel nostro lavoro sull’anteprima del nuovo Bing. Continuiamo a perfezionare le nostre tecniche e stiamo lavorando su modelli più avanzati, per incorporare quanto appreso e i feedback, così da poter offrire la migliore esperienza d’uso possibile.
Dopo l’India, a fine 2020 è toccato alla Cina nel 2021, ma l’impegno di Microsoft inerente ai chatbot da integrare nel motore di ricerca ha avuto inizio nell’ormai lontano 2017, quando la software house ha, per la prima volta, impiegato nel servizio un’intelligenza artificiale già vista in azione in Office, per la comprensione delle query digitate dagli utenti.
L’ultima iterazione è quella rappresentata da Prometheus, frutto del lavoro portato avanti in partnership con OpenAI e basata su una versione evoluta del modello alla base di ChatGPT successiva a GPT-3.5, forse la non ancora annunciata GPT-4.