La legge di Moore è morta, o meglio morirà senza il cambiamento radicale dell’intera industria dei computer che dovrà spostare il proprio focus dalle CPU alle GPU : questo è in sostanza il pensiero di William Dally, chief scientist e vic-presidente di NVIDIA che in un pezzo per Forbes celebra ancora una volta il funerale del discusso enunciato dato alle stampe dal co-fondatore di Intel Gordon Moore.
La “legge” di Moore dice che il numero di transistor contenuti in un processore raddoppia ogni 18 mesi insieme alle prestazioni, e da 45 anni l’enunciato resta valido e al passo dei tempi e dell’evoluzione tecnologica. Ma l’high-tech, si sa, è un settore costantemente proiettato un po’ più in là nel futuro e la legge di Moore è già stata data per spacciata , superata o sopravvissuta in più occasioni del recente passato.
L’intervento di Dally si inserisce dunque in un carteggio già ricco, contribuendo alla perdurante discussione con l’innovativa ipotesi secondo cui la legge di Moore non sarebbe più valida se non si passasse a qualcosa di radicalmente diverso dai processori della famiglia x86(-64). E quel qualcosa, neanche a dirlo, sono le GPU (Graphic Processing Unit) per cui NVIDIA è famosa.
La tesi di Dally è che già oggi, nonostante Intel riesca a raddoppiare effettivamente le prestazioni dei suoi processori quasi ogni due anni, l’enunciato di Moore non sia più valido dal punto di vista formale. Moore aveva infatti previsto che al raddoppio dei transistor l’energia necessaria al funzionamento delle CPU si sarebbe ridotta, rimanendo quindi costante e offrendo nel contempo un livello prestazionale superiore.
“Ma in uno sviluppo che è stato largamente sottovalutato – dice Dally – questa riduzione dell’energia si è arrestata. E come risultato abbiamo che la miniaturizzazione delle CPU predetta dalla Legge di Moore è ora morta. Le performance delle CPU non raddoppiano più ogni 18 mesi”. La soluzione al (presunto) problema del rallentamento prestazionale Dally dice di trovarsela in casa , ovverosia in quelle applicazioni di calcolo parallelo e GPU computing intorno a cui sono state modellate le ultime architetture di chip grafici NVIDIA.
“Realizzare un computer in calcolo parallelo connettendo da due a 12 CPU convenzionali ottimizzate per performance seriali – continua Dally – è un approccio che non funzionerà. Cavare fuori il parallel computing dall’esecuzione seriale delle istruzioni dei chip multi-core è un po’ come provare a costruire un aeroplano mettendo le ali a un treno “, esemplifica il manager.
“Il parallel computing è il solo modo che abbiamo di mantenere costante la crescita nelle performance dei computer che ha trasformato le industrie, le economie e lo stato sociale in tutto il mondo – conclude Dally – L’industria informatica deve raccogliere questa opportunità di evitare la stagnazione focalizzandosi sullo sviluppo software e il training sul computing massivo – non sulle CPU multi-core”.
Oltre che a esigenze di marketing promozionale in favore della sua azienda , le affermazioni del vicepresidente NVIDIA rispondono ovviamente al clima poco amichevole esistente tra le due principali aziende del mercato PC oggi in attività: Intel ha denunciato NVIDIA per una questione di licenze sui chipset, e in tutta risposta NVIDIA ha contro-denunciato il suo storico partner adducendo motivazioni di concorrenza e politiche industriali scorrette. In quanto alla veridicità delle affermazioni sulla morte della legge di Moore, infine, le cose sembrano essere un po’ più complesse e sfaccettate di quanto sostenga William Dally.
Alfonso Maruccia