A Barack Obama resta ancora un mese di permanenza alla Casa Bianca, ma il presidente USA non sembra aver paura di dimostrare al mondo, e soprattutto ai Russi, che in queste breve interregno in attesa di Donald Trump lui continua a essere il “comandante in capo” capace di prendere decisioni importanti. Casus belli: le campagne di cracking presumibilmente gestite per conto di Mosca contro Hillary Clinton e il Partito Democratico.
Obama ha dunque emesso un ordine esecutivo in risposta alla “cyber-attività malevola” messe in atto dal governo russo, una decisione che arriva dopo quelli che il presidente definisce “avvertimenti” ripetutamente indirizzati verso Mosca e il Cremlino per il furto e la compromissione di dati, le “molestie” contro i diplomatici americani a opera dei servizi di sicurezza russi e altro ancora.
Queste azioni non possono che avere conseguenze importanti, ha spiegato Obama, e i primi effetti della reazione americana sono appunto contenuti nel suo nuovo ordine esecutivo: nove “entità” e individui appartenenti all’intelligence russa sono stati sanzionati, mentre 35 russi identificati come “agenti operativi” sono stati dichiarati “persona non grata” negli States; chiusi inoltre due complessi in terra americana (nel Maryland e a New York) usati da personale russo a scopo di spionaggio.
La nazione che spia l’universo telematico ( Datagate ) e ha invaso il mondo con cyber-armi del calibro di Stuxnet ed Equation Group , non gradisce che i russi provino a fare altrettanto influenzando le elezioni presidenziali o compromettendo la struttura informatica del comitato democratico gestito alla Casa Bianca, e a dimostrazione della giustezza del loro comportamento le autorità USA hanno pubblicato un Joint Analysis Report (JAR) contenente informazioni non più secratate sugli attacchi, le strategie e i malware usati su ordine diretto del Cremlino.
Il documento include firme digitali e dati in parte già noti grazie alle analisi delle società di sicurezza, e dovrebbe in teoria servire anche alle aziende e ai paesi “partner” (quelli ripetutamente violati, negli anni, attraverso gli strumenti emersi dal Datagate di cui sopra) per difendersi contro la presunta aggressione russa. Ma gli esperti di sicurezza avvertono: si tratta di informazioni di scarsa qualità , e nella più ottimistica delle ipotesi dimostrano solo il fatto che gli USA hanno in mano dati interessati che si guardano bene dal condividere con il mondo.
Alfonso Maruccia