Gli archivi digitali dei quotidiani italiani dovranno contenere dati personali sempre esatti e aggiornati, per garantire il rispetto delle identità personali in base alla loro evoluzione nel tempo , consentendo inoltre al lettore di avere un’informazione attendibile e completa. Nella decisione del Garante per la protezione dei dati personali, il cosiddetto diritto all’oblio ha trovato un sentiero diverso da quello finora battuto da alcuni tribunali del Belpaese.
Accogliendo due ricorsi di cittadini le cui vicende sono state raccontate da La Repubblica , il Garante ha ordinato al gruppo editoriale L’Espresso di aggiornare alcuni articoli presenti nell’archivio storico online del quotidiano di sua proprietà. I ricorrenti si erano rivolti all’Autorità perché insoddisfatti del riscontro ottenuto dall’editore, chiedendo la rimozione di alcuni articoli relativi a serie vicende giudiziarie in cui erano rimasti coinvolti.
“Nel riconoscere la liceità della conservazione degli articoli di cronaca nell’archivio storico online del quotidiano, l’Autorità, come in molti altri casi esaminati in passato, ha detto no alla rimozione degli articoli (operazione che avrebbe alterato l’integrità dell’archivio), ma ha ritenuto che i ricorrenti avessero diritto ad ottenere l’aggiornamento o l’integrazione dei dati personali”, si legge nel comunicato diramato dal Garante tricolore.
In sostanza, l’editore dovrà individuare specifiche modalità con cui segnalare ai lettori l’esistenza di rilevanti sviluppi delle vicende che riguardano i due interessati, ad esempio con un link, un banner o una nota all’articolo stesso . Una pratica che farà certamente discutere tra le redazioni, dal momento che la gestione degli aggiornamenti all’interno di enormi archivi digitali potrebbe risultare un compito assai problematico.
Per l’esperto avvocato Daniele Minotti, quello stabilito dal Garante italiano è “una sorta di obbligo di rettifica per fatti sopravvenuti che non pare seriamente potersi negare all’interessato, specie relativamente alla cronaca giudiziaria penale”. Il diritto all’oblio non calpesta così quello di cronaca, come invece avvenuto nel caso Primadanoi , quando il suo direttore responsabile veniva condannato per aver mantenuto online, troppo a lungo, un articolo “corretto, veritiero e non diffamatorio”.
Mauro Vecchio