Assecondare le richieste della Francia, estendendo la deindicizzazione di certi link che ospitino informazioni relative a cittadini francesi su scala globale, significherebbe assecondare un meccanismo errato: “una gara al ribasso” che secondo il Global Privacy Counsel di Google Peter Fleischer rischia di rendere Internet “libera come è libero il paese meno libero del mondo”.
Con questa affermazione Mountain View ha preso pubblicamente posizione contro la richiesta formulata dalla Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés (CNIL), il garante della privacy francese, che nel mese di giugno minacciava Google di adottare delle sanzioni qualora non si adeguasse ad operare la deindicizzazione su scala globale dei link in adempienza all’esercizio del diritto all’oblio dei propri cittadini. La Francia chiede in sostanza la rimozione dei link da tutte le versioni del motore di ricerca, nonostante il 97 per cento degli utenti francesi di Google si rivolga a Google.fr per le proprie ricerche.
La prescrizione ad operare su tutti i propri domini, non solo dunque a favore dei netizen dell’Unione Europea, era stata avanzata e ribadita anche dalle autorità europee che si occupano di tutela della privacy, radunate nel gruppo di lavoro Article 29. Google ha sempre sostenuto il proprio orientamento ad operare solo localmente: già gravata dalla decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del compito di fare da arbitro tra il principio della libera circolazione dell’informazione e il diritto alla privacy, non intende probabilmente rappresentare la leva con la quale certi paesi del mondo possano affermare la propria giurisprudenza oltreconfine.
“Se il diritto all’oblio può ora essere considerato legge in Europa – spiega Fleischer nel post sul blog ufficiale di Google – non è legge globalmente”: non lo è ad esempio negli Stati Uniti, così come non lo è in Giappone o in Canada , dove vigono leggi differenti e dove l’oblio può calare sui risultati dei motori di ricerca, ma solo quando un giudice disponga la deindicizzazione.
Google non rappresenta certo l’intera Rete, e il diritto all’oblio non è che uno dei nodi del diritto applicato alla vita connessa che si interseca con il principio della libera circolazione dell’informazione: Fleischer inquadra però il caso ad uno spettro più ampio e ricorda che “Ci sono innumerevoli esempi di paesi del mondo che considerano illegali dei contenuti che sono invece legali altrove”, senza risparmiare gli esempi d’impatto, chiamando in causa la Turchia e il rispetto del padre della patria Ataturk che ha più volte innescato il blocco locale di piattaforme come globali YouTube. “Nessun paese – dichiara il Global Privacy Counsel della Grande G – dovrebbe disporre dell’autorità di controllare quali contenuti siano accessibili in altri paesi”: al contrario, l’informazione su scala globale sarebbe ridotta al silenzio dai particolarismi di ogni singolo paese, capaci di esercitare censure legali sul mondo intero .
“Per una questione di principio – spiega così Fleischer – esprimiamo il nostro rispettoso disaccordo riguardo al fatto che la CNIL goda di un’autorità globale in materia e abbiamo chiesto che ritiri la propria diffida formale”. La CNIL si è data due mesi di tempo per valutare la richiesta di Google, ritenuta supportata da argomentazioni “in parte politiche” a fronte del proprio approccio “strettamente legale”.
Gaia Bottà