Oculus, la tecnologia per la realtà virtuale acquisita da Facebook, ha presentato gli Oculus Story Studios: una vera e propria produzione dedicata ad una nuova forma di film che promette di dare un senso del tutto nuovo alla frase “entrare in un cinema”.
A lavorarci , per il momento, è solo un piccolo gruppo costituito da sviluppatori Oculus, ex sviluppatori Pixar e Industrial Light and Magic e sviluppatori di videogiochi con esperienze nell’industria cinematografica.
Da questo piccolo nucleo, gli Story Studios intendono lavorare a contenuti cinematografici pensati specificatamente per i dispositivi dedicati alla realtà virtuale: dietro l’idea vi è l’investitore Marc Andreessen, il CEO di Oculus VR Brendan Iribe e la volontà di mostrare alle major di Hollywood cosa si può ottenere dalla nuova tecnologia.
Nel video di presentazione dell’ambizioso progetto si osservano i primi spettatori alle prese con la visione di contenuti a mezzo dei visori Oculus guardarsi intorno con espressioni stupite ed entusiasti. I registi per il momento coinvolti – chiamati appositamente a collaborare con Oculus – parlano di un medium completamente nuovo: d’altronde nell’ottica di una fruizione così immersiva l’occhio della telecamera assolve ad una funzione completamente diversa rispetto al cinema e deve essere legata al movimento della testa dell’utente. Deve – insomma – essere il più vicino possibile all’esperienza che normalmente si fa guardando il mondo.
Proprio seguendo questa idea di esplorazione, il primo corto creato dallo Studios si chiama Lost, è stato diretto da Saschka Unseld, già regista Pixar, ed in circa 4 minuti (perché a quanto pare tale durata varia a seconda dello spettatore e del modo che ha di fruire del contenuto) promette di condensare un’esperienza significativa.
La prima occasione per presentarlo, insieme ad altri due corti dal titolo Bullfight e Dear Angelica, è stata il Sundance Film Festival, dove ha accolto commenti diversi: da un lato chi lamenta – pensando ancora all’utilizzo della piattaforma per i videogiocatori – la mancanza di interattività e chi preme sul tasto del nuovo strumento.
I limiti, per il momento, sono dati dall’attrito degli spettatori con contenuti e modalità di fruizione del tutto nuovi, e soprattutto a livello di tecnologia delle telecamere, non in grado di offrire una ripresa 3D perfetta per le necessità della realtà virtuale.
L’idea è quella di esplorare le nuove possibilità puntando sulla filosofia open: VR non ha intenzione di avviare anche un’opera di ricerca per esempio sulle attrezzature necessarie ad effettuare le riprese, ma confida che la condivisione delle idee farà emergere soluzioni adatte.
Claudio Tamburrino