Avrebbe dovuto rappresentare una “prima volta” importante per la collaborazione fattiva tra industria dei contenuti e forze dell’ordine, e invece si è rivelata essere un clamoroso buco nell’acqua inutile e costoso. L’operazione Ark Royal doveva portare alla “punizione” dei responsabili del portale BitTorrent OiNK, ma tutto quello che ha ottenuto è stato un dispendio infruttuoso di tanto denaro pubblico .
La vicenda OiNK si è conclusa con l’ assoluzione di Alan Ellis , l’admin del portale, qualche condanna minore per gli uploader dei contenuti musicali presenti su di esso e poco altro. Il costo di una così magra raccolta, ha scoperto The Register grazie all’intervento del Commissioner’s Office britannico, è di almeno 27.300 sterile spese per gli straordinari degli agenti di polizia, le indagini, i viaggi e la sussistenza degli investigatori attivi sul caso.
La reazione iniziale della polizia è stata di diniego per le potenziali controindicazioni delle rivelazioni sulle spese in merito a future indagini. Le cifre che le forze dell’ordine sono state infine costrette a spifferare corrispondono poi solo a una parte di una spesa evidentemente ancora più sostanziosa , dentro la quale andrebbero conteggiati il coinvolgimento di altri corpi di polizia e le ore d’ufficio passate da agenti e investigatori sul caso.
Alla luce di questa rivelazione val la pena ricordare le parole dell’avvocato di Alan Ellis, il quale durante il processo ha sostenuto che le autorità fossero state letteralmente raggirate dai pifferai magici delle major musicali: “Tutti noi qui siamo manipolati da una qualche sorta di strategia di marketing a opera di IFPI – aveva detto Alex Stein – Se c’è qualcuno che sta agendo in maniera disonesta sono proprio loro”.
E mentre appare improbabile il perdurare della buona volontà delle forze dell’ordine britanniche in merito a una successiva, “stretta collaborazione” con l’industria del disco, il disastroso lascito del caso OiNK cade in un periodo turbolento in cui le associazioni di categoria sono costrette ad affrontare i propri fallimenti in merito alla lotta alla “pirateria” digitale, e i provider rumoreggiano e si preparano a dare battaglia nei tribunali britannici per il sovrapprezzo dell’antipirateria al gusto di disconnessione.
Alfonso Maruccia