Quando la crisi sanitaria da COVID-19 sarà solo un ricordo lontano delle generazioni che furono, archiviata dai tomi (digitali) della letteratura scientifica, con tutta probabilità potrà essere studiata come la prima pandemia affrontata facendo leva non solo sulle potenzialità della ricerca medica, ma anche su quelle legate a un impiego virtuoso dei dati.
I dati per gestire e fermare la variante Omicron
Grazie alla possibilità di raccoglierli, elaborarli e condividerli in tempo reale si è provato a fermare le catene dei contagi durante la prima fase critica, mettendo assieme in tutta fretta un sistema di contact tracing (Immuni) rivelatosi purtroppo poco efficace. Puntando su un database strutturato a livello continentale si tenta ora di regolare le attività dei cittadini in modo coerente con l’evoluzione della curva epidemiologica, grazie all’implementazione della certificazione verde (Green Pass).
La raccolta e l’analisi delle informazioni consentiranno anche di far fronte in modo tempestivo all’avanzata della variante Omicron (B.1.1.529), come afferma Giorgio Palù, virologo del Comitato Tecnico Scientifico e presidente dell’AIFA, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.
Noi, attualmente, ci basiamo sui dati del Sudafrica, dove il nuovo ceppo virale ha preso il predominio, sugli ancora preliminari dati epidemiologici europei e sui pochi studi eseguiti, ma le condizioni del Sudafrica sono diverse.
Vi è inoltre l’invito a non lasciarsi prendere dal panico, evitando di alimentare un allarmismo eccessivo.
Oltretutto, disponiamo di elementi troppo scarsi per trarne conclusioni e chi traccia scenari allarmistici appare quantomeno precipitoso.
La lotta a COVID-19 va combattuta su più fronti: da una parte l’impego dei vaccini, del Green Pass e il rispetto delle misure di prevenzione riguardanti mascherine e distanziamento, dall’altro la ricerca medica supportata da un’analisi puntuale ed efficiente dei dati, partendo da quelli legati alla necessaria attività di sequenziamento.
Occorre incentivare il programma di sequenziamento del genoma virale per monitorare l’evoluzione del virus e rispondere adeguatamente alle nuove sfide. Oggi, in Italia, siamo su una media di 28.000 casi al giorno e sono appena un’ottantina le varianti Omicron individuate. Potrebbero essere molte di più, ma non lo sapremo mai se continueremo a basarci sui dati degli altri paesi.