OMS e gaming disorder: qual è la reale portata?

OMS e gaming disorder: qual è la reale portata?

L'OMS ha inserito la dipendenza da videogiochi tra le patologie mentali elencate nell'International Classification of Diseases, ma non c'è alcun allarme.
L'OMS ha inserito la dipendenza da videogiochi tra le patologie mentali elencate nell'International Classification of Diseases, ma non c'è alcun allarme.

La notizia è questa: l’OMS ha aggiornato la International Classification of Diseases inserendo nuove patologie tra le quali figura anche il cosiddetto gaming disorder . In altre parole, alla dipendenza da videogiochi viene attribuito lo status di disturbo mentale.

È bene come prima cosa capire cosa sia l’ICD. Ricorriamo a Wikipedia per comprendere che si tratta di uno “standard di classificazione per gli studi statistici ed epidemiologici, nonché valido strumento di gestione di salute e igiene pubblica”. Introdotto alla fine del XIX secolo, viene regolarmente aggiornato e integrato dall’Assemblea Mondiale della Sanità. Quella resa pubblica in questi giorni è un’anteprima dell’undicesima revisione – ICD-11 – che sarà poi presentata nel maggio del prossimo anno per divenire ufficiale e operativa a partire dal 2022. Le tempistiche sono tanto dilatate in modo da consentire ai singoli paesi di lavorare per tempo alla traduzione del testo e pianificarne l’adozione. La classificazione, che attualmente conta complessivamente circa 55.000 voci, mette dunque a disposizione degli operatori sanitari di tutto il mondo un linguaggio comune e univoco per identificare malattie, infortuni e cause di decesso , favorendo la condivisione e la circolazione delle informazioni.

Torniamo all’oggetto dell’articolo, quel gaming disorder che non sta mancando e non mancherà di far discutere. Rientra tra i disturbi di dipendenza così come quello relativo alla ludopatia . Nel caso specifico, sono stati definiti segnali utili in fase di diagnosi, dei veri e propri sintomi da intercettare e valutare:

  • mancanza di controllo sulle sessioni di gioco (frequenza, intensità, inizio, durata, contesto);
  • priorità attribuita al gioco rispetto ad altri interessi e alle attività quotidiane;
  • crescente utilizzo degli strumenti di gioco nonostante l’evidente manifestarsi di conseguenze negative.

L’OMS sta quindi affermando che i videogame fanno male? No, non si commetta l’errore di leggere la notizia in modo tanto superficiale. Ciò che fa l’Organizzazione è prendere coscienza dell’ esistenza del problema e codificarlo, affinché i soggetti colpiti dal fenomeno possano essere correttamente identificati e aiutati ad affrontare la situazione, anche sulla base di una letteratura sanitaria che andrà via via arricchendosi con il passare del tempo.

L’attenzione non è focalizzata su chi si lascia prendere la mano durante una serata di sfide in solitaria o con gli amici, condividendo lo stesso schermo oppure online. Per capire quale sia la reale portata del disturbo possiamo fare affidamento alle parole del dottor Vladimir Poznyak, membro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e più precisamente attivo nel dipartimento che si occupa di salute mentale e abuso di sostanze. Questo un estratto dal suo intervento sulle pagine del sito CNN : “Milioni di giocatori a livello globale, anche se riconducibili a intense fasi di gioco, non riceverebbero mai una diagnosi di gaming disorder” .

Il numero di soggetti affetti dalla patologia è dunque molto basso. Poznyak aggiunge: “Voglio sottolineare che si tratta di una condizione clinica e una diagnosi clinica può essere effettuara solamente da personale professionista appositamente istruito” . Attenzione dunque a creare falsi allarmismi o ad appiccicare etichette con leggerezza. Il problema esiste, così come esistono scompensi causati da un utilizzo eccessivo di qualsiasi strumento tecnologico – smartphone, TV e computer inclusi -, ma demonizzare una forma di intrattenimento non è certo un buon punto di partenza per intavolare una discussione sul tema o per trovare una soluzione anche preventiva affinché non si verifichino condizioni tali da favorire l’insorgere del disturbo.

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Pubblicato il
19 giu 2018
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