Fare divulgazione e spiegare la cultura libera, farlo con nuovi formati, con strumenti alla portata di tutti e orientati alla circolazione della cultura. E nel contempo andare a caccia di un modello di business che sappia sostenere e incoraggiare l’open content e la collaborazione. Christian Biasco , matematico convertito al teatro, è partito da zero pochi mesi fa: ora sta investendo tutte le sue risorse per sperimentare, per trovare una collocazione ai video che produce con la collaborazione dei netizen.
Tutto è iniziato nel 2007, racconta Biasco a Punto Informatico : lui e la psicologa Francesca Terri hanno ricevuto una proposta da Arcoiris TV . Avrebbero dovuto lavorare, stipendiati, a un video blog che esplorasse le dinamiche della proprietà intellettuale. Entrambi lavoravano in Svizzera, ma si sono buttati a capofitto nella proposta e si sono trasferiti a Modena: già dal 2001 Biasco meditava sulla possibilità di sfruttare la rete come laboratorio e come canale, è così che la coppia si è confrontata con un modello tutto da inventare. “Non avevamo idea di come funzionasse il montaggio e il linguaggio del video”: l’impatto con una nuova sfida ha stimolato i due videomaker, “le serie sono andate benissimo, ma l’esperienza con Arcoiris si è chiusa: ci siamo ritrovati in Italia, in un nuovo contesto – ricorda Biasco – visto il riscontro incoraggiante, ci siamo detti, perché non proviamo a continuare?”
Biasco e Ferri hanno stabilito di proseguire a sperimentare con la divulgazione continuando ad inseguire la qualità con strumenti low budget, continuando a lavorare “dal complesso al comprensibile”, guardando in camera, parlando a uno spettatore inesperto con una precisione che possa rendere godibile il video anche allo spettatore più ferrato, continuando a incentrare i videoepisodi sugli strumenti della rete e sulla cultura libera. Un argomento messo in pratica anche a livello metatestuale: non solo si parla di cultura libera, ma lo si fa con strumenti capaci di alimentare il common della culture e di permettere alle persone di cooperare e di condividere. Per questo motivo Biasco si è cimentato con il software e si è costruito le competenze informatiche per affinare un sito costantemente in fieri che potesse fare da vetrina, per costruire un wiki che potesse aprire al resto della rete la possibilità di collaborare. È nato così il Cantiere , un wiki attraverso il quale Biasco offre alla rete le sue idee perché i netizen le possano ruminare e affinare, un wiki per invitare tutti a partecipare ad un’opera collettiva . In questo modo sono nate le PinGuide , due video prodotti e sponsorizzati in occasione del Linux Day , video che stanno rimbalzando fra i LUG italiani e che gli evangelizzatori del Pinguino meditano di sfruttare per comunicare il FLOSS in maniera accessibile anche alle persone a digiuno di tecnologia.
Biasco spiega a Punto Informatico che il progetto, tutto in divenire, è “aperto a tre livelli”. È aperta la scrittura : con il sistema wiki, il Cantiere, Biasco mette a disposizione della rete il materiale di studio, i testi, le proposte. È così che i netizen sono invitati ad attingere e a collaborare condividendo idee e conoscenza per forgiare le clip che verranno assemblati da Biasco. “Era una scommessa, avevamo il timore di rimanere da soli – racconta – è stata una grande sorpresa: non c’è stato bisogno di implorare gli amici”, ricorda, poco alla volta collaboratori da ogni dove hanno iniziato a partecipare, a snocciolare consigli sia riguardo agli aspetti più tecnici come i formati dei video, sia riguardo ai contenuti, affinando e rielaborando i testi.
È aperta la produzione : Biasco, attraverso il Cantiere, mira a reclutare collaboratori che possano contribuire alla produzione delle guide, ai quali si possano delegare responsabilità come la fornitura di materiale video, la traduzione dei testi, l’opera di montaggio. In questo senso Biasco ha sempre lavorato da solo: contando su due laptop Apple eredità del 2004, contando su una webcam, un microfono da 30 euro e una tovaglia che faccia da bluescreen, assemblando tutto con Final Cut in attesa di imparare a smanettare con un software di editing libero come Cinelerra , Biasco, fra ricerca dei materiali e produzione, investe circa 200 ore per scodellare una videoguida. Poiché gli strumenti sono pressoché alla portata di tutti, perché i materiarli sono postati nel Cantiere perché chiunque li possa rielaborare, schiudendosi alla collaborazione, per il progetto di divulgazione potrebbero aprirsi nuovi orizzonti, ridimensionando i tempi, decentrando la produzione, distribuendo i compiti e le competenze.
Sono inoltre aperte le licenze : Biasco ha scelto di distribuire i suoi video con licenze “virali e iperpermissive”, i testi sono rilasciati con licenza GNU FDL , i video con licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo affinché i contenuti possano fluire dentro e fuori dalla rete con la massima libertà, possano essere sfruttati e riusati negli ambiti più diversi, compreso quello commerciale.
Trasformare i progetti in un Cantiere aperto e aperto al pubblico è per Biasco l’occasione di sperimentare, di mettere alla prova due dei concetti sui quali si è retta l’evoluzione della rete. In primo luogo, illustra Biasco, sarà sotto osservazione la figura del prosumer : le stesse persone che collaboreranno al progetto e utilizzeranno i video, contribuiranno alla loro diffusione? Un modello di produzione e di distribuzione decentrato e fondato sulle licenze libere, si chiede inoltre il videomaker, ha le potenzialità per funzionare e trovare una collocazione sul mercato ? L’iniziativa di Biasco sta assumendo un’infinità di sfaccettature, si sta ramificando in un grande numero di progetti tutti fondati su un modello emergente : c’è il videoblog sulla proprietà intellettuale , ci sono i primi episodi delle PinGuide e la prima clip dedicata agli strumenti del Web , si sta lavorando ad un progetto di sensibilizzazione sullo smaltimento dei rifiuti , ad una guida accessibile a tutti su Open Street Map e ad un videocompendio dedicato a Wikipedia per incoraggiare i cittadini della rete e gli aspiranti tali a comprendere lo spirito della collaborazione che anima l’enciclopedia libera e le stesso multiforme progetto di Biasco.
L’entusiasmo non manca, tanto che Biasco sta investendo tempo e risorse in un progetto che vorrebbe trasformare in un’attività a tempo pieno , che gli permetta di guadagnarsi da vivere. Il progetto è fermentato in un contesto di propositi e di ideali, ma attraversato il velo di teorie che alimentano la cultura libera e aperta, sta impattando con la realtà: quale modello di business per vivere di contenuti fatti per essere scambiati, per circolare, per rimpinguare il common della cultura?
Biasco confessa di essersi arrovellato a lungo sulla questione, ammette non esserne ancora venuto a capo: racconta a Punto Informatico di aver meditato su quattro modelli di business che potrebbero sorreggere concretamente il suo lavoro, la sua creatività, i suoi ideali, che potrebbero garantire risorse in grado di far crescere il progetto e di proiettarlo su una dimensione professionale e su larga scala.
Si potrebbe contare su un modello basato sulle donazioni che vengono dal basso, basato sulla voglia del pubblico di contribuire per continuare a fruire di prodotti che trovano interessanti e capaci di arricchirli: possibile fare affidamento su una fonte di sostentamento irregolare e imprevedibile? Una strada che Biasco intravede come più percorribile è quella delle sponsorizzazioni : contare su fondi pubblici o privati così come è avvenuto per le prime due PinGuide, sostenute da Italian Linux Society, potrebbe rappresentare una soluzione capace di combaciare anche con gli argomenti affrontati dai video. Ci si potrebbe inoltre ispirare ai primi progetti open avviati in campo musicale e declinare i video anche in prodotti fisici come DVD, che sappiano veicolare un valore aggiunto: senza rinunciare alla possibilità di metterli a disposizione online e con licenze libere, Biasco pensa che potrebbe riversare una serie di guide su un unico supporto da vendere a un prezzo equo . Ad esempio i LUG potrebbero essere interessati ad acquistarlo per ridistribuirlo o rivenderlo. Una quarta via potrebbe essere quella della pubblicità : in una delle prime clip prodotte, dedicata ai formati video, fa capolino uno spazio che gli inserzionisti avrebbero potuto riempire. Anche in quel caso si trattava di un amo gettato in rete, di una sperimentazione: avrebbero potuto rispondere ad esempio produttori o rivenditori di materiale video. Non c’è stato alcun contatto. Poco male, rivela Biasco, “preferirei evitare la pubblicità, sarebbe come fare pubblicità su Wikipedia”, senza contare che sarebbe necessario fare attenzione al fatto che l’oggetto delle inserzioni non risulti dissonante con gli argomenti presentati con la massima onestà e trasparenza nei video.
Biasco ammette la sua ingenuità, ammette le difficoltà nel creare una catena del valore stabile per i propri prodotti e per i prodotti della comunità del Cantiere. I suoi dubbi si traducono in una sfida: “C’è da riflettere sui modelli di sostenibilità per questi tipi di progetti”. Se nell’ambito dell’informatica il modello open ha trovato una sua dimensione, spiega Biasco, al di là delle esperienze dei nomi più noti quali Wu Ming o Nine Inch Nails, sembra ancora da esplorare una strada che possano battere i professionisti open che operino nel campo dell’arte , della musica, del cinema: “Non ci sono termini di riferimento, chi riuscirà a muoversi lo farà per aprire un nuovo campo”. “Come integro socialmente e professionalmente il mio modo di operare basato su apertura e libertà senza che diventi una cosa fine a se stessa?”: Biasco crede fermamente nei principi di una cultura libera e accessibile, messa a disposizione della comunità, ma avverte altresì che non ci si deve limitare e irreggimentare nella demagogia. ” Chi paga? ” provoca Biasco, rivolgendo l’interrogativo alla rete: certo, un modello basato sulla libera circolazione della cultura come quello nel quale sta riversando tutte le sue risorse, consente di guadagnare in visibilità. “Ma con la visibilità – commenta caustico il videomaker – non ci puoi comprare il pane”: il progetto di Christian Biasco sarà un terreno di prova, un modello funzionale, un modello per sperimentare e capire come trarre di che vivere dalla cultura open.
a cura di Gaia Bottà