L’ONU non intende allentare la stretta sulla sorveglianza volta a prevenire la diffusione del crimine. Con un documento intitolato “L’uso di Internet per finalità terroristiche”, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Controllo della Droga e la Prevenzione del Crimine ( UNODC ) ha inteso fornire agli stati membri una guida pratica per predisporre un sistema investigativo e giudiziario nei casi di terrorismo che includono l’uso della Rete.
Si tratta della prima pubblicazione prodotta per simili scopi, grazie alla collaborazione tra l’UNODC e la task force dell’antiterrorismo dell’ONU. Il documento, infatti, nasce dalla constatazione del diffuso uso delle tecnologie informatiche da parte dei gruppi terroristici e dei loro adepti al fine di reclutare nuovi membri, ricercare finanziamenti, diffondere la propaganda, addestrare e incitare i seguaci a commettere azioni dimostrative. L’utilizzo di Internet ha permesso, dunque, di valicare i confini nazionali e amplificare il potenziale di impatto.
Come spiega Yury Fedotov, direttore esecutivo dell’agenzia internazionale, “i potenziali terroristi utilizzano tecnologie della comunicazione avanzate, che spesso prevedono l’uso di Internet per raggiungere un’audience globale a costi bassi e con una certa sicurezza in merito all’anonimato”.
Le 148 pagine del report riportano anche le indagini che sono riuscite a mostrare le straordinarie competenze raggiunte dai gruppi terroristici nell’uso della tecnologia , usata per cifrare messaggi sensibili o per aggirare gli stessi strumenti di codifica utilizzati per proteggere le conversazioni private o per tracciare i pagamenti online.
L’iniziativa delle Nazioni Unite non sembra al momento preoccupare troppo i gruppi in difesa della privacy che, di recente , hanno levato gli scudi contro l’ultima versione della proposta di legge europea nell’ambito del progetto CleanIT , che ipotizza, tra le altre cose, di richiedere ai gestori dei social media l’obbligo per i propri iscritti di utilizzare nei profili personali solo foto reali e di invitare gli operatori della rete a limitare gli utenti al solo utilizzo del loro nome legale.
Cristina Sciannamblo