Stando ai dati forniti da OpenLogic , la predilezione per una particolare licenza open source ha connotati alquanto diversi in relazione all’ambiente in cui tale licenza viene usata. La società, specializzata nella commercializzazione di tool per la scansione di eventuali violazioni di licenze FOSS all’interno del software, è giunta alla suddetta conclusione mettendo assieme i dati raccolti attraverso il programma di analisi Deep Discovery .
La ricerca di OpenLogic rivelerebbe dunque che la licenza GNU-GPL è quella prediletta dagli sviluppatori open source , il 68,9% dei quali la impiega per regolamentare la distribuzione del proprio software lasciando poche briciole alle licenze concorrenti (Apache License al 7,6%, LGPL al 6,7%, BSD License al 5,3%, MIT License al 4,1%).
Passando dall’altra parte della “barricata”, le preferenze tra le aziende si fanno più frammentate ma la più utilizzata risulta essere la licenza Apache (15,3% contro il 10,8% della MIT License, il 10,5% della BSD License, il 9,5% della GPL e l’8,9% della LGPL).
La ricerca di OpenLogic non riguarda ovviamente la semplice circolazione di software FOSS sui 15 milioni di desktop Linux esistenti al mondo, quanto piuttosto gli interessi primari di chi usa il tool Deep Discovery per individuare codice open che potrebbe compromettere lo “status” legale e il copyright del proprio software commerciale.
In tal senso andrebbe valutata anche la scarsa passione del settore enterprise per la GPL , la licenza “virale” per eccellenza il cui impiego spesso e volentieri ha come risultato l’obbligo legale di re-distribuire il codice sorgente dell’intero progetto. I promotori di GPL avranno dunque un bel po’ di lavoro da fare per convincere le aziende che adottare un simile framework legale è un bene per il business oltre che per gli sviluppatori e gli utenti.
Alfonso Maruccia