Due giorni fa, il New York Times ha presentato una denuncia contro OpenAI e Microsoft per aver utilizzato i suoi articoli durante l’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale generativa, senza nessuna autorizzazione. Il noto quotidiano ha svelato oggi le difficoltà incontrate dagli editori per sottoscrivere accordi di licenza con l’azienda guidata da Sam Altman.
Trattative complicate
Prima di denunciare OpenAI e Microsoft, il New York Times aveva avviato una negoziazione, ma non è stato raggiunto nessun accordo. Simili trattative sono state avviate da altri editori statunitensi, tra cui Gannett (USA Today), News Corp (Wall Street Journal, New York Post) e IAC (People, The Daily Beast, Better Homes and Gardens).
Anche la News/Media Alliance, che rappresenta oltre 2.200 organizzazioni, ha cercato di raggiungere un accordo con OpenAI. MIcrosoft ha confermato di aver parlato con numerosi editori e sono previste nuove discussioni in futuro. Sono tuttavia emerse diverse difficoltà durante le negoziazioni. A causa del rapido sviluppo della tecnologia è piuttosto complicato trovare un’intesa sui termini di licenza e sulla somma che OpenAI deve pagare per accedere ai contenuti protetti dal diritto d’autore.
Molti editori sottolineano che l’uso dei chatbot comporta una diminuzione dei visitatori, degli abbonamenti e delle entrate pubblicitarie. In pratica, ChatGPT e Copilot possono diventare pericolosi concorrenti perché gli utenti li usano per accedere alle notizie.
Alcuni editori hanno già sottoscritto un accordo di licenza con OpenAI, tra cui The Associated Press (termini finanziari ignoti) e Alex Springer (oltre 10 milioni all’anno). Altri grandi media non hanno avviato nessuna trattativa (e forse non lo faranno mai), tra cui Bloomberg e The Washington Post. Secondo il New York Post, Apple avrebbe proposto un accordo di almeno 50 milioni di dollari a vari editori per evitare denunce per violazione del copyright.