La versione più recente di ChatGPT-4 sviluppata da OpenAI è un modello autoregressivo di machine learning all’avanguardia, addestrato su una grande quantità di dati linguistici e progettato per migliorare le capacità di conversazione umana. Si basa su reti neurali profonde ricorrenti (RNN) che utilizzano una struttura di linguaggio avanzata (LLM) capace di gestire meglio le frasi complesse e di comprendere il contesto. La piattaforma di apprendimento è aperta e supporta anche la programmazione di chatbot. Ciò significa che gli utenti possono programmare i propri chatbot per rispondere alle domande in modo più accurato e realistico.
Con Cristiana Falcone, consigliere e membro del Comitato Parti Correlate e del Comitato Sostenibilità in TIM, abbiamo deciso di affrontare alcuni argomenti essenziali per comprendere la storia di OpenAI e delle sue infrastrutture che consentono alle aziende di integrare l’intelligenza artificiale nei loro prodotti.
La produttività guidata dall’intelligenza artificiale
La produttività guidata dall’intelligenza artificiale tramite ChatGPT può essere monetizzata rapidamente e potrebbe cambiare in profondità le dinamiche competitive. Morgan Stanley, società di investimenti globale che offre soluzioni innovative per i mercati pubblici e privati, ha recentemente pubblicato una ricerca intitolata “The Future of Technology | ChatGPT – Frequently Asked Questions“, nella quale si analizzano le opportunità e le criticità dell’integrazione nei processi produttivi delle AI di tipo LLM (Large Language Model) come ChatGPT.
“Possiamo considerare OpenAI in termini di ottimizzazione delle tecnologie esistenti per la riduzione dei costi ed il miglioramento dell’efficienza produttiva, piuttosto che di innovazione per i brand“, commenta Cristiana Falcone in merito alla ricerca di Morgan Stanley.
Ad esempio, nel private banking una chatbot con AI potrebbe gestire gli alert da inviare al cliente per ricordargli l’expiring di un prodotto, oppure potrebbe migliorare le operazioni live di chi è all’estero e dipende dalle disponibilità degli operatori umani al telefono.
Monetizzare ChatGPT
“Nel breve periodo – spiega Cristiana Falcone – il ruolo di monetizzazione di ChatGPT spetta al “gatekeeper”, l’esperto che è in grado di sfruttare al meglio l’intelligenza artificiale, che sappia valutare come porre correttamente la domanda ai bot. ChatGPT non è intuitivo come Google, per poterlo sfruttare al meglio bisogna essere letterati ed avere altissimi livelli di proficiency”.
“Nel medio periodo si premieranno invece gli sviluppatori di funzionalità che miglioreranno l’usabilità di ChatGPT, magari automatizzandone l’utilizzo. Pensiamo, ad esempio, allo sviluppo di una sorta di “correttore automatico” che aiuti gli utenti a scrivere la domanda nel modo migliore per avere la risposta più efficace.”
“Nel lungo periodo – conclude Cristiana Falcone su questo punto – il potere passerà ai brand. Saranno premiate le aziende che avranno avuto la capacità di sviluppare la propria chatbot e metterla a disposizione dei loro utenti. Questi, in futuro, probabilmente, chiederanno all’intelligenza artificiale di Nike quali scarpe comprare e a quella Michelin in quale ristorante mangiare – domande che, oggi, non si sentirebbero sicuri nel porle a ChatGPT“.
Le minacce future
In una recente intervista pubblicata sul The Innovator Stuart Russell (scienziato informatico britannico noto per i suoi contributi all’intelligenza artificiale) ha messo in dubbio le perplessità e le paure che il mondo sta sollevando nei confronti delle AI generative come OpenAI.
Nell’intervista, infatti, etichetta come premature le preoccupazioni di minacce future che, al momento, sono del tutto imprevedibili. L’unica minaccia potrebbe venire dal comportamento degli utenti e delle aziende che non comprendono le debolezze dei sistemi di AI nel contestualizzare le conversazioni.
“Sarebbe del tutto irresponsabile – commenta Cristiana Falcone sulle note dell’intervista di Stuart Russell – il comportamento delle aziende che affiderebbero eccessivamente i loro prodotti e servizi alle AI, così come sarebbero irresponsabili gli utenti che, dotati di scarse competenze tecniche, si illudono che quanto viene generato dalle AI sia l’assoluta verità.”
E continua: “Dobbiamo avanzare l’ipotesi di una legislazione in grado di disciplinare il settore dell’intelligenza artificiale, con l’obiettivo di limitare le informazioni, i contenuti e le notizie fuorvianti, per evitare la diffusione ancora più capillare della disinformazione“, fenomeno ad oggi in crescita e incoraggiato dai social network.
Le minacce offerte da ChatGPT per le aziende sono difficilmente prevedibili e la legislazione a riguardo è ancora lontana: si pensi al provvedimento di limitazione del trattamento dei dati degli utenti italiani emesso lo scorso 31 marzo dal Garante della privacy nei confronti di OpenAI, che ha spinto quest’ultima ad introdurre una serie di misure in ottemperanza alle richieste dell’Autorità. Il 28 aprile OpenAI ha riaperto in Italia, come letto nel comunicato stampa pubblicato dal Garante.
Verso l’intelligenza generale artificiale?
“Sparks of Artificial General Intelligence: early experiments with GPT-4” è il titolo dello studio pubblicato da un team di ricercatori di Microsoft con l’obiettivo di esplorare e le progressioni di ChatGPT-4, addestrato utilizzando una scala di informazioni senza precedenti. Nello studio, ChatGPT-4 viene addirittura considerato come una versione precoce ed incompleta di un sistema di intelligenza generale artificiale (AGI), ovvero di un tipo di AI capace di apprendere e capire un qualsiasi compito intellettuale che potrebbe imparare un essere umano, senza bisogno di essere riprogrammata.
“Oltre alla sua maestria nella lingua, GPT-4 risolve compiti nuovi e difficili che spaziano dalla matematica, alla codifica, alla visione, alla medicina, al diritto, alla psicologia e molto altro“, afferma Cristiana Falcone nella parte conclusiva della nostra intervista. “In attesa di capire cosa ci serve dal punto di vista delle legislazioni, dei sistemi e delle tecnologie per applicare l’AI a tutte le fasi della nostra vita quotidiana, concentriamoci sulla necessità di un approccio più responsabile da parte delle aziende e degli utenti, dato che il problema non è la nuova tecnologia a cui si lavora, ma l’uso che l’uomo poi ne fa.”
Chi è Cristiana Falcone?
Cristiana Falcone vanta oltre 20 anni di esperienza professionale nella elaborazione di strategie ed implementazione di partnership per lo sviluppo del business maturata collaborando con i leader di aziende multinazionali (SONY, Shell, Revlon), interagendo con organizzazioni governative internazionali (ILO, IFAD, FAO, UNDCCP, IADB) e operando nel mondo dei media (Radio Televisione Italiana, Gruppo Espresso, Univision, Viacom).
Nel 2004 dirige la sezione Media, Intrattenimento, Informazione e Sport del World Economic Forum per poi diventare Senior Advisor dell’Executive Chairman e Fondatore che le affida in particolare la responsabilità dello sviluppo di servizi e prodotti innovativi e la valutazione del rischio geopolitico legato alle tecnologie emergenti.
Dal 2006 è CEO e membro del Consiglio di Amministrazione della JMCMRJ Sorrell Foundation che promuove iniziative innovative globali nell’ambito della salute, dell’educazione e della riduzione della povertà per il raggiungimento degli obiettivi UNSDG.
È membro dei Consigli di Amministrazione del Paley Center for Media, di Internews, del progetto culturale ed editoriale Formiche, della Tufts University, del Summit Institute e della Fondazione Guido Carli.