L’autenticazione universale di OpenID è il nuovo grimaldello scelto da Google per corteggiare gli utenti di Yahoo! e invogliarli a usare i propri servizi telematici. Ma l’adozione diffusa dello standard sembra ancora latitare, così come il suo obiettivo di relegare al passato l’obbligo di registrare singoli account per ogni sito web con autenticazione presente in rete.
Google è supporter ufficiale di OpenID già da due anni , anche se l’estensione del supporto alle credenziali di accesso di Yahoo! ha apparentemente a che fare soprattutto con la volontà di Mountain View di convertire alcuni dei suoi utenti ai servizi fatti in casa, Gmail – terza webmail al mondo dopo Microsoft Hotmail e appunto Yahoo! – Documenti & Foglio di Lavoro e via elencando.
Ferma restando la necessità di verificare quanti di questi utenti Yahoo! adotteranno infine i servizi di Google, la nuova iniziativa del Googleplex mette in luce la strada ancora lunga che OpenID ha davanti a sé per diventare un modello standard e la complessità della sua attuale implementazione.
I partner dell’iniziativa possono infatti scegliere di supportare OpenID come veri e propri “provider” o semplici “relying party”: nel primo caso il provider permette ai propri utenti di utilizzare le credenziali di accesso per fare il login su altri portali o servizi, mentre nel secondo è prevista l’accettazione del login con credenziali provenienti da siti di terze parti.
In entrambi i casi non è previsto alcun vincolo rispetto al numero di identità OpenID da supportare , non tutti i provider permettono di usare gli account su tutti i servizi partner e non tutte le relying party accettano gli account di tutti gli altri servizi confederati con OpenID.
Vista la complessità delle attuali specifiche dello standard, a poco sembra servire che a supportare OpenID siano giganti del calibro di MySpace, Windows Live, Yahoo! (provider) e Google (relying party): a parere di molti osservatori il sistema potrebbe diventare universale tanto quanto i suoi promotori vorrebbero solo con una netta semplificazione.
Alfonso Maruccia