Ha suscitato molta attenzione l’orientamento espresso in Olanda nei giorni scorsi che sembra destinato a favorire l’adozione del formato documentale ODF nella Pubblica Amministrazione, un formato concorrente a quell’OOXML che Microsoft porta avanti da tempo. Una mossa imitata dalla Norvegia nelle scorse ore: nel paese si è deciso che i formati documentali pubblici debbano essere HTML, PDF oppure ODF. Eventi che acuiscono la “concorrenza” tra i due formati documentali.
“In realtà – spiega a Punto Informatico Andrea Valboni , National Technology Officer di Microsoft Italia – tra i sostenitori dei due sistemi esiste una contrapposizione più di tipo ideologico che fattuale. I due formati, come tutte le specifiche tecniche, partono da presupposti diversi, e questo origina due identità e due storie diverse, ed inevitabilmente tendono ad essere diversi”. Diversi quindi, prima ancora che contrapposti. E allora perché in Olanda una decisione del genere? “Molti governi – continua Valboni – stanno cercando di accelerare la spinta alla standardizzazione dei formati, commettendo forse un errore, almeno in certi casi. Il desiderio di standardizzazione a tutti i costi ha un rischio: quando parliamo di standard XML parliamo di un ambito di standardizzazione nuovo, con le conseguenti problematiche della novità. Il rischio che vedo io è che, se si sceglie ora, subito, qualunque dei due, si rischi poi in un tempo abbastanza breve di dover affrontare una successiva migrazione e rielaborazione di quanto sviluppato”.
Il concetto, cioè, è che dal punto di vista di Microsoft scegliere ora in che direzione andare è una mossa azzardata : a seconda del formato potrebbero essere scelte strategie e applicativi, persino realizzati normative e regolamenti. Ma non è detto che un formato si imponga sull’altro, né che questo avvenga in breve termine, né è possibile sapere alla fine quale sarà la standardizzazione che macro-aree, si pensi all’Unione Europea, finiranno per scegliere.
Valboni nella chiacchierata con Punto Informatico non sembra proprio voler cedere alla tentazione di preconizzare quale sarà lo standard che si affermerà. “I due formati – continua Valboni – hanno storie diverse: per certi aspetti ODF è più giovane di OOXML, e necessita di evoluzioni: già siamo a ODF 1.1 e probabilmente OASIS sottometterà a ISO ODF 1.2, il che testimonia che si sta parlando di uno standard in evoluzione. OOXML ha una storia diversa, una struttura documentale molto complessa, che inevitabilmente per la sua storia si porta dietro Microsoft Office e che dunque necessiterà di ulteriori miglioramenti per diventare uno standard utilizzabile su amplia scala, in particolare quale base nell’ottica della smaterializzazione”. Come noto con quest’ultimo termine si intende il processo di “trasformazione” dei documenti, in particolare quelli degli enti pubblici, dai vecchi supporti cartacei a quelli nuovi, digitali. Una trasformazione che porta con sé scelte tecnologiche , anche di formato, e una serie di procedure e requisiti di sicurezza e di accesso. Ma anche un fronte fondamentale nella prossima evoluzione dei due formati.
“Se in Danimarca, per citare un altro paese europeo, c’è un atteggiamento flessibile e aperto rispetto ai due formati – continua Valboni – è perché entrambi hanno i pro e i contro, e io stesso sarei oggi molto cauto nel fare una scelta”. Al centro c’è la sostanziale giovinezza dell’XML , un ambiente che è tutto in evoluzione, così come sono in evoluzione elementi essenziali per gli standard, come la firma digitale, necessaria all’archiviazione dei documenti digitali a norma di legge. “Fare grossi investimento oggi nell’adozione di uno dei due come standard di riferimento – insiste Valboni – potrebbe non rivelarsi una scelta felice”.
Quale dunque la soluzione? Come dovrebbe comportarsi un’amministrazione o un paese che comunque guarda agli schemi XML per l’evoluzione della gestione documentale, perché è in quelli schemi che si celano tutte le promesse di un ambiente pubblico finalmente digitalizzato? La risposta di Valboni è che non potendo scegliere occorra puntare sull’ uso contemporaneo di entrambi . “In questo momento – sottolinea l’NTO di MS Italia – ci sono elementi comuni tra i due formati, che potrebbero suggerire ad un governo quali possano essere i modi per usarli entrambi. Lasciando al cittadino usare quello che preferisce, andare verso un uso di schemi di standardizzazione XML che sono neutrali, senza forzare l’utilizzo di un formato e dell’altro ma attivando linee guida per consentire al cittadino di eseguire un atto amministrativo utilizzando un formato o l’altro con gli applicativi che preferisce”.
Gli esempi di questa impostazione non mancano, succede in Florida o nel Massachussets , che pure aveva inizialmente abbracciato ODF in modo esclusivo. “Che i due formati interoperino – aggiunge Valboni – è un fatto che va consolidandosi”. In Italia l’ Università di Bologna lavora su un modello documentale che permetta la lettura e la scrittura in entrambi i formati il che, dal punto di vista di Microsoft, non è che la dimostrazione che su una serie di regole base nella composizione di un documento medio si possono trovare ambienti di intercompatibilità .
A dover suggerire una linea flessibile alle amministrazioni, sostiene Valboni, è anche il fatto che ODF e OOXML non sono i due soli formati di riferimento oggi in gioco: c’è anche il PDF, e l’ultima versione potrebbe diventare standard ISO (alla stregua di ODF). “Ci sono esperimenti in campo – ricorda Valboni – come quello del Focus Group sull’eGov del Fraunhofer Institute: all’interno di un laboratorio di interoperabilità ha provato a vedere cosa voleva dire dal punto di vista del cittadino accedere alle applicazioni della PA utilizzando tecnologie varie lato client. L’assenza di un vincolo tecnico sui formati consentiva agli utenti di accedere senza troppi problemi ai documenti”.
Se questa è la via indicata da Microsoft almeno nel breve e medio periodo è anche perché, secondo l’azienda, la rotta da seguire è la neutralità tecnologica . “L’unica cosa che sappiamo oggi – sottolinea Valboni – è che XML è sicuramente il futuro, perché l’agilità e la flessibilità è molto superiore a quanto era disponibile in precedenza”. Su molti fronti diversi, la citata firma digitale ma anche il macro language. “Ci sono tutta una serie di cose – insiste – che nel tempo dovranno trovare un percorso di convergenza”.
Che vi siano due formati in competizione reale o apparente è peraltro normale nella storia tecnologica, sostiene Valboni, “non è nuovo vedere la nascita di formati apparentemente in contrasto e che nel tempo si chiariscono, per arrivare ad un’affermazione di uno o l’altro”. Ma non è la sola via di uscita possibile. “Spesso si è visto nascere – aggiunge Valboni – un terzo standard, che supera entrambi”. Un nuovo standard . “Si pensi alle reti locali, c’erano molti diversi standard, Novell e altri, molti tentativi, ma alla fine ha vinto il TCP/IP, uno standard con ben altre caratteristiche rispetto a standard anche sanciti da ISO come ufficiali”.
Qualche esempio di possibile interoperabilità tra standard? “Si pensi ad HL7: – risponde Valboni – è uno schema documentale di rappresentazione della cartella sanitaria che prescinde da quale sia il formato del documento che tratterà poi quella informazione. Cose analoghe possono essere fatte nell’ambito dell’eGovernment, sulla base di schemi di rappresentazione che chiunque può utilizzare e adottare, con un modello di rappresentazione dei dati che può anche essere diverso”. Come a dire che non sempre è necessario focalizzarsi sul come le informazioni arrivano a e da il cittadino, perché il nocciolo sono i contenuti, non la loro rappresentazione . Se ODF oggi rosicchia spazi a OOXML si deve anche al fatto che, come noto, il primo è divenuto standard ISO, il secondo invece è ancora nel bel mezzo del processo di standardizzazione ISO, non avendo ottenuto nei mesi scorsi il via libera alla corsia preferenziale per un’approvazione più rapida. Di interesse il fatto che ANFOR, che rappresenta la Francia in ISO, abbia votato contro la via veloce non nell’ottica di impedire la formalizzazione ISO di OOXML quanto invece perché ritiene più rilevante che ISO si occupi della convergenza tra i due formati .
A lavorare per portare a casa la formalizzazione a standard in ISO non è solo Microsoft ma anche i tecnici e gli esperti di ECMA , che ha già formalizzato OOXML come standard e che ha dato il la alla possibilità per il formato ideato da Microsoft di essere approvato anche in sede ISO. “ECMA – spiega Valboni – sta lavorando in questo momento sulle proposte di cambiamento giunte nei commenti che sono stati avanzati dai vari paesi. Ne sono state prodotte 1700 circa, circa la metà dei commenti unici riconosciuti da ISO. ECMA procede per arrivare al 14 gennaio (la scadenza fissata da ISO, ndr.) avendo risposto a tutte le osservazioni sollevate”. La priorità, evidentemente, è aggiornare le proposte per indirizzarle in modo particolare a quei paesi, come il Brasile, che hanno votato no .
Microsoft ha fiducia che tutto si concluda nel migliore dei modi per il formato proposto dall’azienda. “Non solo c’è una forte volontà di ECMA ma – spiega Valboni – abbiamo anche visto l’atteggiamento di Alex Brown, il convenor di ISO, che mira a trovare un rapporto con le osservazioni provenienti dai paesi che hanno votato no”.
Dunque un dialogo che funziona e che secondo Valboni potrà portare a superare gli ostacoli registrati quando la fast track non è stata accettata. “In quella situazione, la discussione che c’è stata – sottolinea Valboni – più che vertere sulle questioni tecniche e di merito, è stata invece incentrata su temi laterali, che si credevano ormai superati. Come quello sulla proprietà intellettuale: come noto, ISO la prima cosa che verifica nelle proposte di formalizzazione è se la specifica proposta sia slegata da vincoli di proprietà intellettuale che possano causare problemi ai player in fase di implementazione della specifica stessa. Problemi che erano ben superati ma alla fine si è discusso solo di questo. Non si è invece discusso abbastanza sugli aspetti tecnici che ci auguriamo siano al centro del prossimo meeting”.
Formati documentali e l’Italia
Fino a questo momento per quanto riguarda l’adozione dei formati documentali nella pubblica amministrazione, Microsoft rileva nel Belpaese un atteggiamento fondamentalmente attendista. “Senza essere naturalmente coinvolti nel dibattito di mercato – spiega Valboni – a livello centrale c’è un atteggiamento sereno, che punta a procedere senza imboccare una direzione o l’altra”.
Il motivo di questa prudenza può riuscire comprensibile: una delle grandi sfide documentali per l’Italia è quella dematerializzazione di cui si è parlato, e che riguarda anche decenni di documenti, un pregresso documentale imponente. “Per metterci le mani sopra – sottolinea Valboni – occorrono importanti investimenti, è naturale che occorra pensarci bene”.
Diversa la situazione degli enti locali , dove come sempre la “vivacità politica è maggiore, c’è più fermento e tinte più ideologizzate”. Ci sono alcune province e un paio di regioni che lavorano per stabilire direttive che privilegino un formato rispetto ad un altro “ma per me – conclude Valboni – è alla neutralità tecnologica, all’interoperabilità, ciò a cui bisogna guardare”.
a cura di Paolo De Andreis