Opera Software adotterà l’engine WebKit nel proprio browser, e annuncia lo storico passaggio contemporaneamente al conseguimento di un traguardo di popolarità altrettanto storico: da qui in poi, la casa norvegese dedicherà i propri sforzi e le proprie risorse economiche al miglioramento di un layout engine che è già “standard” per molti.
La software house nordeuropea si vanta di aver totalizzato 300 milioni di utenti mensili complessivi sui tanti dispositivi (smartphone, tablet, smart TV, computer) ove è presente il suo browser, un “primo giro” che nella parte finale è coinciso con una crescita accelerata come non se ne erano mai viste prima. Per restare competitiva anche nel resto della corsa, dice Opera, il browser “alternativo” per antonomasia verrà ora ricreato a partire da WebKit e dal progetto Chromium (da cui Google trae le sue versioni ufficiai di Chrome): il passaggio al nuovo layout engine – per “buona parte” dei browser Opera – avverrà prima su gadget mobile (Android e iOS) e in seguito sui computer.
Il passaggio di Opera a WebKit non è una novità assoluta, visto che la sperimentazione di un browser senza Presto (l’engine “fatto in casa” dai programmatori norvegesi) è già stata presentata al pubblico con il progetto Ice per Android e iOS. “L’engine WebKit è già ottimo” spiega il CTO Hakon Wium Lie, “supporta gli standard che ci stanno a cuore e ha le performance di cui abbiamo bisogno”. “Ha più senso” continua Wium Lie “che i nostri esperti lavorino assieme alle community open source per migliorare ulteriormente WebKit e Chromium, piuttosto che allo sviluppo ulteriore del nostro engine di rendering”.
Opera investe in una prospettiva sempre più “mobile” e di un Web unificato adottando l’engine già usato da almeno due dei browser più popolari (Chrome e Safari), e contemporaneamente alla notizia del passaggio a WebKit torna a farsi strada la possibilità che qualcuno dei grandi nomi della net economy decida di acquisire la piccola società norvegese.
Indiscrezioni simili erano già circolate quasi un anno fa con il presunto interesse di Facebook all’acquisizione, ma ora la situazione è diversa visto che il founder di Opera Jon von Tetzchner – principale oppositore all’accordo con il sito in blu – ha ridotto di quasi la metà (dal 10 al 5,18 per cento) il numero di azioni in suo possesso.
Alfonso Maruccia