Lo ha anticipato il presidente della Commissione Europea Juncker, lo dettaglierà al meglio nelle prossime settimane un comunicato della Commissione: il cambio da ora solare a ora legale potrebbe cadere nel giro di breve come risultato della richiesta di stati, cittadini ed entità interessate che hanno portato avanti la propria opinione. L’importanza della notizia è del tutto evidente tanto per ciò che rappresenta in concreto, quanto per le conseguenze che determina nell’aggiornamento di tutti i device oggi calibrati sui due cambi di orario annuali.
Abolire l’ora legale?
Secondo Jean-Claude Juncker ci sono tutti i presupporti: l’ora solare potrebbe essere abolita. La rivelazione giunge ai microfoni della tv tedesca Zdf, ove il presidente della Commissione Europea altro non fa se non svelare il risultato della consultazione pubblica aperta il 4 luglio scorso e terminata il 16 agosto: 4,6 milioni le risposte registrate, l’84% delle quali avrebbe richiesto l’abolizione del cambio di orario.
La consultazione pubblica sulle disposizioni relative all’ora legale ha ottenuto 4,6 milioni di risposte. Nelle prossime settimane la Commissione pubblicherà su questa pagina una relazione sui risultati.
Juncker nella propria disamina non sembra affrontare temi tecnici o utilitaristici, ma si basa semplicemente sul desiderata dei cittadini espresso all’interno della consultazione: siccome lo chiede la gente, così sarà fatto. Secondo Juncker l’orario che potrebbe diventare standard è quello estivo, quello attuale, quello definito “ora legale”.
L’UE ha sincronizzato l’ora legale in tutto il continente a partire dagli anni ’80 (sebbene la cosa implichi considerazioni molto differenti tra nord e sud), l’ha meglio definita con apposita normativa a inizio millennio e ora già si trova a dover ridiscutere i termini della questione. Nulla da stupirsi, però: la quotidianità è sempre meno legata al ciclo del giorno e della notte, il che determina ogni decisione sulla standardizzazione degli orari a coincidere con gli interessi legati a consumi energetici ed esigenze organizzative.
L’ora legale, oggi
In Italia l’ora legale è qualcosa che lega le proprie origini alle due grandi guerre ed alla ricorrente necessità di risparmiare fondamentali risorse energetiche. Fin da inizio del 1900, quindi, il nostro paese ha iniziato a spostare avanti e indietro le lancette modificando più volte tale pratica nel giro di tutto il XX secolo.
La maggior parte degli Stati membri dell’UE ha una lunga tradizione di disposizioni relative all’ora legale, la maggior parte delle quali risalgono alla prima e alla seconda guerra mondiale o alla crisi petrolifera degli anni 1970. In origine le disposizioni relative all’ora legale erano finalizzate principalmente al risparmio energetico. Vi erano comunque anche altri fattori, come la sicurezza stradale, l’aumento delle ore di luce da destinare ad attività di svago serali o semplicemente l’allineamento di pratiche nazionali a quelle dei paesi limitrofi e dei principali partner commerciali.
L’ora legale è un istituto regolamentato a livello europeo dalla Direttiva 2000/84/CE del Parlamento e del Consiglio. Il testo sancisce che “a decorrere dall’anno 2002 in ciascuno Stato membro il periodo dell’ora legale ha inizio alle ore 1.00 del mattino, ora universale, dell’ultima domenica di marzo“. La scelta di cambiare l’orario di notte è chiaramente legata alla diminuzione delle attività umane in tale orario, riducendo così l’impatto della modifica sulle attività umane e minimizzando le possibilità di errore e di incomprensione.
La direttiva stabilisce l’obbligo degli Stati membri di passare all’ora legale l’ultima domenica di marzo e di tornare all’ora solare l’ultima domenica di ottobre
Si discute da tempo sull’opportunità di modificare o conservare tali indicazioni, poiché il ritmo della vita è cambiato repentinamente e un istituto ideato inizialmente due secoli or sono potrebbe non aderire più alle effettive necessità delle persone.
Secondo le stime Terna, il fatto che l’ora legale venga introdotta ad un certo punto dell’anno comporta un risparmio che per il 2017 è stato valutato nel nostro paese in 567 GWh: tale risparmio è dovuto al fatto che durante l’ora legale si sfrutta meglio il Sole e si riducono pertanto le spese. Se la decisione fosse quella di considerare come nuovo standard l’ora solare, tale risparmio andrebbe in fumo; se, come ipotizzato da Juncker, si decidesse di rendere standard l’ora legale, invece, la stima tra costi e benefici dovrebbe prendere in considerazione molti altri fattori.
Dalle ricerche emerge che i risparmi energetici complessivi dovuti all’ora legale, pur essendo stati una delle principali motivazioni per il regime attuale, sono marginali. Inoltre, i risultati tendono a variare a seconda di fattori quali la collocazione geografica.
Le conseguenze dell’abolizione
La conseguenza, infatti, sarebbe soprattutto una: lo sfasamento di un’ora tra le attività umane e l’alba nel periodo invernale. Insomma: si lavorerebbe e ci si sposterebbe di più in orario notturno mattutino, avendo però un’ora in più di sole all’uscita dal lavoro (elemento che alcune ricerche indicano come positivo poiché offre ai cittadini più tempo per l’attività fisica extralavorativa all’aperto). Il cambio di orario, inoltre, eliminerebbe il problema di riadattamento del bioritmo personale, qualcosa che bambini e anziani notano con maggior sensibilità. Le stime non sono chiaramente semplici da completare ed a tal proposito è immaginabile che la Commissione Europea possa offrire maggiori delucidazioni a breve, quando renderà ufficiali i risultati della Consultazione.
Ma il cambio ricadrebbe fortemente anche su tutto quello che è la tecnologia: ognuno ben sa quanti orologi deve spostare ogni volta che si passa dall’ora solare a quella legale e viceversa. In tal senso, però, l’impatto potrebbe essere molto più piccolo di quanto si immagini. Gli orologi analogici non sono ovviamente un problema: il cambio in tal caso è manuale e rappresenta una scelta spontanea; gli orologi digitali spesso funzionano con medesimo principio (si immaginino quelli sulle automobili) ed in assenza di intervento umano saranno immediatamente allineati sul giusto orario; gli orologi connessi (smartphone, pc e altri device) saranno facilmente calibrati da semplici update del software che non solo verificano l’utilizzo del giusto orario, ma eliminano altresì del tutto la funzione che consente di spostarsi tra l’orario solare e quello legale.
Sicuramente se ne trarrebbe una forte comodità ed una minor possibilità di sbagliare, soprattutto per chi opera in ambito business con stati extracomunitari che utilizzano sistemi orari a sé: per i mercati finanziari, per le attività economiche, per gli eventi e per tutti coloro i quali operano a livello globale, la caduta del doppio orario sarebbe chiaramente la benvenuta e per molti versi anche questo potrebbe essere un effetto (nemmeno troppo collaterale) della cosiddetta “globalizzazione”.
Dal punto di vista tecnologico, il problema sarebbe pertanto una-tantum: occorrerà istruire i device connessi del fatto che lo spostamento dell’ora non avviene più. Un piccolo update e poco più di questo. Una volta a regime, l’orario continuativo offrirà innegabili vantaggi, che in questa fase la Commissione Europea ha il dovere di stimare per capire da che parte penda l’ago della bilancia.
Le parole di Jean-Claude Juncker, però, non sembrano lasciar dubbi: l’ora solare è destinata a cadere. E la domanda “dormiremo un’ora in più o un’ora in meno?” è destinata a rimanere una romantica memoria del passato.
La proposta è ufficiale
Con un tweet delle 12.38 la Commissione europea ha ufficializzato la proposta: siccome l’84% dei rispondenti alla Consultazione ha chiesto di abolire il cambio tra ora solare e ora legale, verrà ora promulgata una risposta che arriverà nelle mani del Parlamento e del Consiglio europeo.
Millions of Europeans used our summertime consultation to make their voices heard, and 84% do not want the clocks to change anymore.
We will now prepare a proposal to the @Europarl_EN and @EUCouncil, who will then decide together.#EUHaveYourSay pic.twitter.com/C1V1dSz4Hi— European Commission (@EU_Commission) August 31, 2018
Mai una consultazione aveva ricevuto tante risposte. Se l’84% chiede che il cambio dell’ora possa essere abolito, più dei tre quarti dei rispondenti ritiene inoltre che rappresenti un’esperienza “molto negativa” o “negativa”.
Cosa hanno risposto gli italiani?
Una nuova comunicazione della Commissione ha diramato i primi risultati relativi alla consultazione avvenuta a cavallo tra il mese di luglio e quello di agosto. Occorre sottolineare come la partecipazione dell’Italia alla consultazione sia stata estremamente bassa, con appena lo 0,04% dei rispondenti (fatta esclusione del Regno Unito, il paese in assoluto meno rappresentato): gli italiani che hanno partecipato nel 66% dei casi ha risposto in favore dell’abolizione del cambio di orario, quindi una delle percentuali più basse in assoluto assieme a Cipro, Grecia e Malta. Favorevoli, ma senza troppa convinzione.
La consultazione, pur se aperta, ha coinvolto in modo particolare paesi come la Germania (3,79%), l’Austria (2,94%), il Lussemburgo (1,78%), la Finlandia (0.96%) e l’Estonia (0,94%): i voti di pochi paesi hanno dunque avuto peso estremamente rilevante sul bilancio totale, con esiti non sempre in linea con quelli che potrebbero essere identificati come singoli interessi nazionali (Spagna e Danimarca, nonché Portogallo e Svezia, ad esempio, pur se a due latitudini differenti hanno votato nella medesima direzione con percentuali del tutto simili).
Milioni di europei hanno partecipato alla nostra consultazione pubblica per far sentire la loro voce. Il messaggio è molto chiaro: l’84% è contrario al mantenimento del cambio dell’ora. Ci organizzeremo di conseguenza e prepareremo una proposta legislativa per il Parlamento europeo e il Consiglio, che poi decideranno insieme
Violeta Bulc, Commissaria europea per i Trasporti
Ore 13.00: aggiunta l’ufficializzazione della proposta ed i primi risultati relativi alla consultazione pubblica.