Oracle è oramai di casa nei tribunali statunitensi: dopo le ripetute, mortificanti sconfitte contro Google nella causa per le API Java, la società deve ora affrontare la fase dibattimentale della querelle legale intentatale contro da Hewlett-Packard per il supporto continuato alla piattaforma Itanium (IA-64).
Le due ex-partner tecnologiche si sono sin qui sfidate facendo volare accuse e incartamenti , mentre ora la parola passa ai rappresentati legali in piedi davanti al giudice. Nell’aprire il processo, gli avvocati hanno spiegato le ragioni dei loro assistiti: HP accusa Oracle di mancato rispetto del contratto, Oracle risponde picche e taccia di incompetenza il management della rivale.
Lo scontro iniziale si è svolto in particolare sul cosiddetto “Hurd Agreement”, vale a dire l’accordo stipulato dopo l’abbandono del CEO di HP Mark Hurd e la sua successiva assunzione da parte di Oracle: tale accordo prevedeva lo sviluppo continuato di prodotti software Oracle su piattaforme HP, dunque Oracle avrebbe violato l’accordo annunciando il repentino abbandono del supporto all’architettura IA-64.
Gli avvocati hanno ribattuto alla presentazione di HP parlando di parole vuote di senso: al di là di un aleatorio e generico “Hurd Agreement”, i contratti in essere per il porting di software su sistemi HP erano invece molto dettagliati in merito al periodo temporale, l’estensione e i termini economici.
In attesa di assistere al prosieguo della vicenda, a Oracle non resta che sperare di concludere almeno questa avventura nei tribunali USA un po’ meglio di quanto capitatole con Android: il giudice ha deciso che Oracle sarà costretta a pagare le spese legali di Google per la prossima fase del processo, un esborso economico che dovrebbe sostanzialmente essere superiore a quanto Oracle potrà mai incassare da Google in caso di vittoria.
Alfonso Maruccia