Denver (USA) – Un’accusa pesante, pesantissima, quella piovuta sulle spalle dei principali produttori di videogiochi. Pesantissima perché proveniente dalle famiglie delle vittime del massacro presso la Columbine High School di Denver di due anni fa. Una tragedia provocata da due ragazzini che in pochi minuti uccisero 12 propri coetanei e un insegnante prima di suicidarsi.
La denuncia formale è stata presentata al tribunale distrettuale di Denver. “Con questa denuncia – ha affermato l’avvocato John DeCamp che assiste le famiglie di quegli alunni – si cerca di cambiare completamente la commercializzazione e distribuzione di questi videogiochi superviolenti che rendono i bambini dipendenti dalla violenza e li trasformano in killer senz’anima”.
I videogiochi furono tirati in causa subito dopo la tragedia, e questo perché i due ragazzini autori del massacro, Eric Harris e Dylan Klebold, erano entrambi giocatori di “Doom”, celebre sparaspara in soggettiva al quale Harris aveva dedicato un sito. Fin dall’inizio ci fu chi indicò in quel gioco “l’ispiratore” del massacro compiuto a colpi di fucile.
Secondo DeCamp è possibile dimostrare che quell’evento fu direttamente ispirato da Doom: “Quel gioco in particolare è preso al 100 per cento dalle esercitazioni militari e trasferito nel commercio al pubblico”. Ora le famiglie chiedono ai giudici di riconoscere loro 5 miliardi di dollari di danni, da considerare come punizione per la leggerezza dei produttori.
Ad essere tirate in ballo dalla denuncia sono giganti come AOL Time Warner, Sony Computer Entertainment, Nintendo of America, Sega of America, Virgin Interactive Media, Activision, Polygram, Atari, ID Software e altre ancora.
I produttori interpellati dalla stampa già all’epoca dei fatti, hanno sempre sostenuto che quel massacro si sarebbe verificato comunque, Doom o non Doom, e hanno negato una qualsiasi relazione tra l’avvenimento e il videogioco.