La maggiore età reca con sé responsabilità, incluse quelle che ci devono assumere di fronte alla legge se si sceglie di condividere materiale in rete in spregio al diritto d’autore. La famiglia? Anche se paga per la connessione non si può ritenere responsabile.
Lo ha stabilito la Corte Federale di Giustizia tedesca, nell’ultimo grado di giudizio di un caso avviato anni or sono. Era il 2006 quando l’intestatario di un abbonamento a Internet era stato denunciato da una frotta di etichette tedesche, accusato di aver abusato della propria connessione per aver condiviso illecitamente un totale di 3749 brani musicali. Le etichette avevano stimato danni per 400mila euro, ma si sarebbero accontentate di un risarcimento di 3400 euro per appianare la controversia.
L’uomo si era fermamente opposto al pagamento: non si considerava responsabile di alcun tipo di violazione del diritto d’autore. Il figlio ventenne della compagna dell’uomo, però, aveva ammesso il comportamento illecito.
Nei primi gradi di giudizio, dunque, la colpa del figlio era ricaduta sul padre , dispensatore di connettività ma non dell’appropriata educazione: la corte distrettuale aveva considerato il genitore responsabile dei comportamenti del figlio, in quanto avrebbe dovuto inculcargli una sana cultura della legalità in Rete, e proibirgli di trastullarsi con il file sharing. La giustizia tedesca si era schierata su posizioni analoghe a quanto previsto ad esempio nel quadro della cosiddetta dottrina Sarkozy, che ha imposto agli intestatari di abbonamenti a Internet di vigilare su tutti coloro che lo utilizzino: il padre tedesco si sarebbe dimostrato manchevole, per questo motivo glie era stato imposto di pagare un risarcimento pari a 2841 euro.
Il padre tedesco, però, non è stato disposto ad assumersi la responsabilità per i comportamenti del figliastro: ha solo accettato di promettere che la connessione non sarebbe più stata utilizzata per violare il diritto d’autore. E ha continuato a combattere per sostenere le proprie ragioni.
Si è giunti così all’ultimo grado di giudizio, con il parere della Corte Federale di Giustizia. Che ha stabilito, come avvenuto in altre giurisdizioni , che non è opportuno generalizzare colpendo il semplice indirizzo IP con cui è stata commessa la violazione, e di conseguenza il titolare dell’abbonamento a cui l’indirizzo IP è riconducibile. La responsabilità resta di chi si è materialmente macchiato della violazione , a maggior ragione se si tratta di un maggiorenne. Chiunque venga ritenuto adulto per legge, ha chiarito inoltre la corte, non deve essere soggetto alle raccomandazioni e al controllo di un proprio pari, nemmeno se si tratta di un famigliare, nemmeno se si tratta dell’intestatario dell’abbonamento a Internet che utilizza. Nessuna colpa, dunque, per il patrigno del giovane. L’uomo avrebbe potuto condividere qualche tipo di responsabilità con il figliastro solo se avesse nutrito dei ragionevoli sospetti riguardo alla violazioni e li avesse deliberatamente trascurati.
Gaia Bottà