È una delle tesi più care all’industria dell’intrattenimento, dai discografici della RIAA alle major del cinema. Lo scaricamento di massa dalle reti di file sharing provocherebbe danni economici irreparabili, soprattutto perché i singoli downloader non sarebbero affatto intenzionati all’acquisto di musica legale.
Basato su migliaia di interviste telefoniche agli utenti statunitensi e tedeschi, il sondaggio condotto dall’ American Assembly – organizzazione indipendente affiliata alla Columbia University – ha offerto una visione diversa. Gli scariconi della Rete risulterebbero tra i più assidui consumatori di musica e film sulle piattaforme della distribuzione autorizzata .
Negli Stati Uniti, gli utenti del P2P sarebbero in possesso di collezioni musicali più ampie, ovviamente rimpolpate da file scaricati o copiati da familiari e amici. Ma, allo stesso tempo, i downloader acquisterebbero il 37 per cento in più rispetto agli utenti non legati alle reti della condivisione elettronica.
“I downloader più assidui sono anche gli acquirenti più forti nell’industria musicale”, ha riassunto Joe Karaganis, ricercatore all’ American Assembly . L’organizzazione statunitense ha trovato risultati percentuali molto simili in Germania, pur partendo da un campione troppo ristretto per risultare valido statisticamente .
Altro (prevedibile) risultato del sondaggio, il 79 per cento degli scariconi risulterebbe nella fascia anagrafica 18-29 anni . Nella media, le collezioni musicali degli utenti statunitensi del P2P ammonterebbero a 1979 brani, contro i 1264 degli ascoltatori non avvezzi alle pratiche di download.
Non è la prima volta che la tesi sbandierata dall’industria viene smentita dai risultati statistici. Alla fine del luglio 2011, l’ex-COO di EMI Douglas Merrill aveva riportato uno studio condotto dalla stessa etichetta britannica: gli utenti del defunto client LimeWire risultavano tra i più assidui acquirenti su piattaforme come iTunes .
Mauro Vecchio