Roma – Si sta alzando un polverone sul caso raccontato ieri da Punto Informatico , quello del brusco stop imposto dalla presidenza del Consiglio dei ministri al lavoro di riforma del diritto d’autore, un lavoro che avrebbe potuto portare a una revisione delle regole che oggi hanno nel mirino gli utenti che condividono e scaricano file protetti via Internet. Dopo la particolareggiata denuncia di ALCEI , la storica associazione che si batte per le libertà digitali, è arrivato ieri un durissimo intervento del senatore dei Verdi Fiorello Cortiana che riprende i contenuti di una interrogazione parlamentare al Governo sull’argomento.
Cortiana ha sottolineato come il fax trasmesso dal segretario generale della Presidenza del Consiglio, Mauro Masi , al presidente del Comitato consultivo che stava lavorando sul diritto d’autore, il prof. Corasaniti, chiarisca come alla Presidenza “non erano graditi suggerimenti di riforma alla contestata norma sul diritto d’autore che il Governo ha da poco modificato con il famigerato Decreto Urbani, che prevede il reato penale di download di canzonette”. Dunque, si chiede Cortina: “A cosa serve un Comitato Consultivo sul diritto d’autore presso il Ministero dei Beni Culturali se non è d’accordo con il Governo? A nulla, deve avere pensato Mauro Masi”.
“Cosa stava facendo questo manipolo insediatosi al Comitato? – continua Cortiana – Cercava, prima con la presidenza di Corrado Calabrò, magistrato e nuovo Presidente della Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ed oggi con Giuseppe Corasaniti, magistrato ordinario ed esperto del settore, una via equilibrata e non repressiva per trovare un punto di equilibrio tra le esigenze delle major e delle multinazionali del settore e i nuovi sistemi della distribuzione nati attraverso Internet, compreso il famigerato peer to peer”. “L’unica risposta del Governo al fatto che alcuni milioni del cittadini si scambiano contenuti culturali – attacca Cortiana – è la galera, e coerentemente Masi, senza alcun senso del ridicolo, liquida un organo consultivo del Governo con un fax nel quale spiega che fantomatiche tendenze internazionali vanno in direzione opposta e che il Comitato Consultivo non ha il diritto/dovere di fornire consigli e suggerimenti al Governo. Il Segretario Generale, l’ex-supercommissario della Siae, in palese conflitto di interesse, dovrebbe avere la dignità di dimettersi, come ho scritto nell’interrogazione che ho inviato al Presidente del Consiglio”.
Ma, oltre all’aspetto politico della questione Masi, a non essere riformate come sperato sono anche le procedure tecniche legate ai reati commessi da chi condivide musica, un punto sul quale non a caso è intervenuta ieri l’associazione dei provider AIIP che ha “espresso preoccupazione per lo stop” impresso ai lavori di revisione del diritto d’autore.
Nella nota diffusa dall’Associazione, AIIP contesta le motivazioni addotte da Masi per interrompere il lavoro del Comitato sottolineando di ritenere che “tale comitato possa, al pari di qualsiasi altro Ente o cittadino avanzare proposte di variazione delle norme in essere, fermo restando che un Comitato non è un legislatore”.
AIIP ricorda come la proposta messa a punto dal Comitato e rigettata evidentemente con quel fax dalla Presidenza del Consiglio “prevedeva la depenalizzazione del reato di copia abusiva di opere e brani ad uso privato ed avrebbe permesso ai fornitori di accesso ad Internet di contribuire alla sensibilizzazione degli utenti attraverso il cosiddetto notice, notice & take down , ovvero la possibilità, oggi preclusa, di invitare, in seguito alla segnalazione del titolare dei diritti, l’utente interessato a desistere da qualsiasi pratica di violazione del diritto d’autore”.
Quella della lettera di “notifica e cessazione” è al centro di una polemica che già si alimentò ai tempi del passaggio della più contestata legge di questa legislatura in materia di Internet, la Legge Urbani . “In Italia – ha spiegato il vicepresidente di AIIP e responsabile del gruppo di lavoro AIIP sul diritto d’autore Paolo Nuti – il diritto d’autore è ancora regolato da una legge del 1941 e, nonostante le successive modificazioni, non è mai stato affrontato in modo organico il problema, portando l’Italia ad essere la nazione più restrittiva d’Europa . La normativa attualmente in vigore impone agli ISP che ricevano una segnalazione qualificata da un titolare di diritti di proprietà intellettuale di trasmetterla alle autorità alle quali poi spetta ogni valutazione circa la segnalazione e l’eventuale apertura di un procedimento penale. Tutto questo si traduce in una disapplicazione del dettato della norma penale”. Secondo Nuti “sarebbe assai più efficace girare tali segnalazioni ai clienti interessati, ma tale pratica di notice, notice&take down (…) in Italia sarebbe illegale in quanto di ostacolo ad una eventuale azione penale”.