Uno studio per fare luce sugli aspetti legali, economici e culturali del file sharing. Così il titolo di una recente pubblicazione a cura del professore olandese Nico van Eijk, titolare della cattedra di diritto dell’informazione presso l’Università di Amsterdam. Il divario tra i cosiddetti pirati della Rete e gli onesti consumatori di contenuti non sarebbe così ampio. Almeno nei rispettivi comportamenti d’acquisto di film, musica e videogame .
E non ci sarebbe nemmeno una così diretta connessione tra la condivisione illecita delle opere e quell’abissale declino delle vendite che tanto preoccupa industria e detentori dei diritti. Lo studio di van Eijk ha infatti illustrato una tendenza già emersa con una precedente analisi britannica : nell’acquisto di DVD o di biglietti per spettacoli dal vivo , gli scariconi del P2P costituirebbero la fetta di platea più vasta.
Dunque andrebbero più spesso ai concerti rispetto ai consumatori legali di musica; comprerebbero più film in DVD e soprattutto più videogame, con una quota generale d’acquisto pari al 61 per cento negli ultimi 12 mesi . Van Eijk non ha tuttavia negato che il P2P selvaggio costituisca una delle cause delle difficoltà attuali delle varie industrie dell’intrattenimento.
Ma ha allo stesso tempo riportato l’esempio della Svezia, uno degli snodi cruciali del file sharing globale. Secondo i dati dello studio, la situazione del mercato musicale svedese sarebbe rimasta stabile in un lungo periodo di tempo , dal 2000 al 2008. Criticità non certo dovute solo ed esclusivamente alla diffusione online del torrentismo illecito.
A condannare l’industria ci sarebbero almeno due fattori determinanti, seppelliti invece da coltri di sistemi DRM e cause legali. Il primo, si ignorerebbero quelle che sono le aspettative degli utenti, le loro reali intenzioni a pagare una cifra equa per i vari contenuti. Il 75 per cento degli intervistati ha infatti sottolineato come 8 euro per un album sia una cifra ragionevole . Peraltro non molto distante dai prezzi medi attuali.
Il secondo fattore che penalizzerebbe l’industria – sempre secondo lo studio olandese – è la mancanza d’innovazione . Le varie etichette avrebbero paura di andare avanti, di superare un modello di business ormai obsoleto. Paura di studiare alternative legittime al P2P, senza portarsi allo stesso tempo dietro meccanismi distributivi e di vendita appartenenti ad una sorta di vecchia era. In fondo, gli scariconi sono i loro migliori clienti.
Mauro Vecchio