Dopo i 675mila dollari di risarcimento imposti a Joel Tenenbaum e il milione e mezzo comminato a Jammie Thomas-Rasset, una storia diversa per un 26enne svedese, colpevole di aver violato il diritto d’autore per aver condiviso online 44 tracce musicali coperte da copyright. Il giovane di Uppsala dovrà pagare 2000 corone svedesi, circa 228 euro , cifra decisamente irrisoria rispetto agli zeri previsti Oltreoceano.
Rispetto ai casi Tenenbaum e Thomas-Rasset, il giovane svedese ha preferito evitare di affrontare un lungo processo accettando le richieste di accordo offerte dall’industria dei contenuti. Le connessioni del condivisore svedese sono stata tracciate per tutto il 2010 da IFPI, che ha portato alla luce le 44 tracce condivise, esattamente 20 in più rispetto alle 24 scoperte nel PC di Jammie Thomas e 13 in più rispetto alle 31 di Tenenbaum.
L’industria musicale non ha apprezzato la mitezza della pena assegnata in Svezia, mentre ha esultato di fronte alla durezza delle condanne statunitensi. Se mamma Jammie e Tenenbaum dovranno sborsare rispettivamente 62,5 e 2,177 dollari a brano, il cittadino europeo dovrà pagare 7 euro per ogni traccia scaricata, sanzione che, per molti, sarebbe del tutto proporzionata.
“Le corti svedesi starebbero lentamente comprendendo i problemi riguardanti la violazione a scopo non commerciale dell’esclusiva sul copyright”, ha affermato Rick Falkvinge, fondatore del Pirate Party. “La conclusione – continua Falkvinge – è in assoluto contrasto con la sentenza che ha riguardato The Pirate Bay, secondo la quale quattro persone sono state condannate al carcere e al pagamento di 3,5 milioni di euro per aver solamente supportato la condivisione di 33 file”.
La questione più volte sottolineata verte sulla sostanziale equivalenza tra l’atto di condividere e l’atto di distribuire i file operata dall’industria dei contenuti e da molti tribunali. Nonostante la difesa in nome del fair use e dell’uso personale, i giudici mantengono una posizione conservatrice, come dimostrano la condanna di Tenenbaum e la recente negazione della riduzione del risarcimento per mamma Jammie Thomas.
Cristina Sciannamblo