Roma – Ribolle il grande calderone del peer-to-peer dopo che in Francia sono state annunciate in queste ore le prime denunce contro utenti che utilizzavano le tecnologie di file sharing per scambiare file protetti. O, almeno, questa è l’accusa.
Stando alle note di agenzia, il direttore generale dell’associazione dei produttori fonografici francesi (SCPP), Marc Guez, ha confermato che sono state presentate alle autorità una ventina di denunce contro utenti di cui ancora non si conoscono i nomi. Secondo Guez, non si intende creare dei “martiri” ma soltanto riuscire a rafforzare il concetto che lo scambio di file protetti è illegale e può provocare conseguenze.
Ma queste sono le ore in cui ancora si continua a discutere dello studio di Sandvine sul traffico peer-to-peer . Uno studio che sembra evidenziare solo un lieve rallentamento negli Stati Uniti e un rafforzamento in Europa. “L’uso di internet in Europa e negli USA – commenta a questo proposito il New Scientist – continua ad aumentare e dunque il file sharing continua a crescere nel complesso”.
Notizie che non piacciono alle major, evidentemente, che hanno però voluto specificare perché ritengono opportuna la sentenza canadese che “assolve” i provider da ogni royalty per l’uso del P2P da parte dei propri utenti.
Secondo IFPI , l’associazione internazionale dei fonografici, la Corte Suprema canadese ha confermato la visione dell’industria, ossia ha garantito che chi detiene il diritto d’autore sulle opere sia protetto anche se l’origine di uno scambio di file non avviene ma termina sul suolo Canadese. “La sentenza canadese – ha spiegato il general counsel di IFPI, Allen Dixon – conferma decisamente che i servizi illeciti non possono contravvenire alle leggi di un paese trasmettendo file protetti da una origine esterna a quel paese. Questa normativa, così come accade in altri paesi, contribuirà a prevenire che su internet si realizzino dei paradisi per i pirati”.