Bruxelles – Due direttive che vanno preparandosi, l’esigenza di combattere il terrorismo e le pressioni delle major della musica e del cinema stanno trasformando il lavoro del Parlamento europeo di Strasburgo in una polveriera per i diritti dei cittadini europei. Una Santa Barbara che, se esploderà come spera qualcuno nel Palazzo, porterà via con sé molti diritti e libertà. E’ infatti emersa una lettera con cui la Creative and Media Business Alliance (CMBA) sta cercando, riuscendoci, di dare un “senso nuovo” alla direttiva sulla data retention .
CMBA, che raggruppa società del calibro di Sony BMG, Disney, Time Warner ed EMI, ha ottenuto che una normativa pensata per combattere il terrorismo sia ora sulla strada di diventare anche una legge contro il peer-to-peer. Una novità gravida di conseguenze: le normative anti-terrorismo sono infatti un pericoloso compromesso tra libertà personali ed esigenze di sicurezza: come scrivono gli esperti dell’ Open Rights Group (ORG) l’idea che questo compromesso possa essere ritenuto accettabile anche per la lotta al P2P è inquietante.
Il primo passo nella direzione voluta da CMBA si è avuto mercoledì: il voto del Comitato LIBE, che pure ha limitato a sei mesi il periodo di conservazione dei dati delle comunicazioni telefoniche e internet degli europei, ha infatti concesso che le informazioni così registrate siano utilizzabili non specificamente per indagini anti-terrorismo ma, più in generale, per indagini su reati ritenuti “seri” dalle normative europee sul mandato di arresto europeo. E questo include anche violazione del diritto d’autore.
Nella lettera della CMBA (disponibile qui in formato.doc) si legge tra le altre cose che se la direttiva alla fine prevedesse delle limitazioni nell’uso dei dati di traffico conservati dalle telco e dai provider allora “deve essere reso chiaro che questo non preclude la possibilità di ottenere quelle informazioni per garantire i diritti previsti dalle leggi europee o dei singoli paesi”. In altre parole l’industria teme che, se passerà il concetto che la privacy può essere violata soltanto per esigenze di sicurezza nazionale, come prevedeva la proposta originale per questa direttiva, non sarà più possibile utilizzare metodi altrettanto invasivi per scovare e perseguire chi, grazie alla rete, viola il diritto d’autore.
Fosse tutto qui, evidentemente, ci si troverebbe dinanzi a manovre lobbystiche a cui i cittadini europei sono da lungo tempo abituati. Il problema però, come osserva proprio ORG, sta nel fatto che questa nuova direttiva segue il cammino di un’altra direttiva, la famigerata IPRED2 sulla proprietà intellettuale . Questa direttiva, come ben sanno i lettori di Punto Informatico, moltiplica le pene per le violazioni di trademark, brevetti e diritto d’autore nonché offre alcuni poteri di indagine ad organismi privati di tutela dei diritti stessi.
Se IPRED2 passerà, e se passerà anche la “nuova” direttiva sulla “sicurezza”, denunciano ora gli attivisti, le major potranno analizzare tutti i dati di traffico conservati in nome della lotta al terrorismo per denunciare chi, a loro dire, viola il diritto d’autore su Internet. Al prezzo delle garanzie costituzionali dei cittadini europei.
Difficile dire cosa accadrà nel corso dell’iter delle due normative. Tra gli ostacoli anche il fatto che, se CBMA l’avrà vinta, le richieste di analisi dei dati conservati a telco e provider si moltiplicheranno , aumentando esponenzialmente i costi per l’espletamento, oneri che la direttiva sul terrorismo si propone di coprire con fondi pubblici proprio perché non pesino sui provider e sulle società telefoniche. Le spese per le indagini di CBMA e soci su P2P e dintorni, dunque, saranno a carico del cittadino europeo .
Per ora ORG suggerisce di scrivere ai deputati europei perché “rigettino la direttiva”. Basterà?