I campus delle università statunitensi, la culla originaria del file sharing, continuano a finire nell’occhio del ciclone: dopo i numerosi attacchi da parte di RIAA & Co., qualcosa inizia a muoversi. La pirateria deve essere bandita dagli spazi virtuali e non dei campus, onde evitare di finire nelle liste nere. Così le università iniziano a prendere provvedimenti, il più delle volte drastici, per arginare il problema. Soluzioni che spesso fanno discutere, poiché penalizzanti per intere comunità universitarie.
È di recente attuazione la DMCA Copyright Safeguard Program , nuova policy anti-pirateria adottata dalla Bowling Green State University , situata in Ohio: molto simile alle regole del baseball, ogni tre colpi l’utente viene escluso dai giochi. Alla prima infrazione, l’utente subisce un ban di 24 ore dalla rete del college, mentre alla seconda il divieto d’accesso ha una durata di due settimane. Per i recidivi è previsto il terzo ban, valido fino alla fine del semestre corrente. La nuova policy ricorda per molti versi l’ormai celebre Dottrina Sarkozy , da molti criticata e affossata , ma divenuta un modello di riferimento in altre realtà e altri paesi .
Una regolamentazione estrema, voluta dal management dell’università, per quello che si ritiene un serio problema: “Nell’ultimo anno, l’università ha ricevuto ben 658 richieste di cessazione dei download illegali dalla RIAA” ha dichiarato Matt Haschak, direttore per la sicurezza informatica del campus statunitense. “Tutto ciò ha portato l’università al 55esimo posto nella lista dei campus pirata di tutto il paese, e al secondo posto nell’Ohio. Questo ci ha portato a comprendere quanto impetuoso sia tale fenomeno all’interno dell’università stessa” ha aggiunto.
Il nuovo programma è attivo e funzionante, nonostante alcuni bug da correggere: “A volte capita che studenti al primo avviso vedano bloccata la connessione ad Internet per 24 ore, ma non la condivisione dei file, portando così l’utente al secondo avvertimento. È un problema che attualmente stiamo cercando di risolvere” spiega Brian Grime, membro dello staff IT del campus. Come noto, l’erba cattiva è dura a morire: stando a quanto riportato dalle fonti del campus, numerosi studenti hanno avuto problemi nell’eliminare definitivamente dai propri PC i programmi p2p. “Per questo lo staff tecnico sta aiutando gli studenti, indirizzandoli verso efficaci procedure utili a disinstallare tali programmi” continua Haschak.
Va però detto che non tutto quello che gira a cavallo di un mulo è protetto da copyright: “Se qualcuno scarica via p2p materiale non protetto da copyright, non v’è traccia di illegalità, quindi noi non ce ne accorgeremmo: non sbirciamo di certo in ogni download in corso, solo in quelli che odorano di abuso”. Per fare ciò, l’università si è dotata del costoso sistema chiamato CopySense : sniffando in tutto il traffico di rete, CopySense è in grado di intercettare i file al cui interno sono presenti tracciature che permettono l’identificazione. Una volta trovato un file protetto da copyright, il sistema procede a far terminare la connessione, sia in entrata che in uscita, sfruttando il flag RST .
Un provvedimento che pare dividere gli studenti dell’università: se da una parte c’è stata una presa di posizione da parte di alcuni che hanno deciso di disinstallare le applicazioni p2p dai propri computer, c’è chi non rinuncia a polemizzare. “Non spetta di certo all’università regolare il file sharing” ha dichiarato Mark Montgomery, studente. “Se ci sono conseguenze legali è giusto che la RIAA quereli gli studenti, ma trovo meno giusto aiutare la RIAA nel loro sporco lavoro”.
Di diverso avviso riguardo alla politica da adottare per combattere la pirateria l’australiana University of New South Wales : se i download illegali non cesseranno, cesserà di esistere la rete wireless del campus. A dichiararlo , è Michael Kirby-Lewis, responsabile dell’IT del campus: “Le denunce relative ai download illegali effettuati dagli studenti sono cresciute dalla media di due al mese a quella di una al giorno. Uno studente è addirittura arrivato a scaricare ben 7 gigabyte di materiale illegale in un solo giorno”.
In precedenza erano stati fatti alcuni tentativi per cercare di dissuadere gli studenti, compreso quello di bloccare temporaneamente l’accesso alla rete di chi era colto con le mani nel sacco. Tentativi risultati del tutto inutili: “Per un periodo di tempo abbiamo monitorato le connessioni, bloccando l’accesso di chi scaricava materiale pirata, ma non abbiamo ottenuto grandi risultati” – continua Michael Kirby-Lewis.
Sulla rete gratuita incombe una seria minaccia di shutdown: questo sarebbe il gesto estremo. I dirigenti universitari hanno infatti imposto una multa pari a mille dollari per chi utilizza la rete wi-fi per scaricare illegalmente materiale protetto da copyright, utilizzando i fondi generati dalle multe per finanziare le attività all’interno del campus. Un provvedimento-argine con cui si spera di cambiare l’andazzo delle cose: se anche questa opportunità dovesse rivelarsi inutile, la rete verrà letteralmente smantellata.
Vincenzo Gentile