Le molte speranze che sono legate alla proposta di legge sul peer-to-peer avanzata da Marco Beltrandi (Rosa nel Pugno) hanno compiuto un piccolo passo in avanti con l’assegnazione del progetto normativo alla Commissione Cultura della Camera, quella presieduta da Pietro Folena, da anni sostenitore, peraltro, di una revisione delle leggi sul diritto d’autore.
La proposta, qui l’intero testo comprensivo di introduzione, punta ad una revisione sostanziale delle norme attuali e, se approvata, secondo i suoi proponenti, tutti deputati della RnP, proietterebbe l’Italia all’avanguardia in Europa nel modo di affrontare la complicata, delicata ma centralissima questione del file sharing .
Di fondo la normativa tenta di superare il gap culturale che ha fin qui attanagliato le istituzioni nostrane nell’approccio alla condivisione di file. “Il problema – spiegano i proponenti – spesso nasce dalla circostanza che a una nuova tecnologia si contrappongono una concezione anacronistica e inadeguata della tutela del diritto d’autore e una serie di normative scritte e pensate quando il fenomeno del peer to peer e, più in generale, le dinamiche dell’economia dell’innovazione e dell’informazione basate sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), non erano ancora comprese dai legislatori nazionali e sopranazionali”.
Il punto su cui dovrebbe quindi vertere una normativa aggiornata è “il tradizionale criterio di politica criminale, per cui un fatto diviene reato quando la sua commissione conduce a un grave danno sociale “. Non è un caso, peraltro, che in questi anni in cui l’industria discografica e cinematografica ha dato battaglia in mezzo mondo agli utenti del P2P, senza peraltro ottenere successi misurabili, abbia sempre sottolineato i danni del file sharing , definito spesso come “furto” e come “pratica” capace di sottrarre denaro alle casse dei produttori, ergo investimenti, ergo occupazione.
Su questo punto, dunque, si giocheranno molti dei destini di questa proposta. Anche per questo nell’introduzione si cita a piene mani Free Culture , la “bibbia del nuovo mondo” scritta da Lawrence Lessig , di certo la mente più lucida negli States per ciò che riguarda il diritto d’autore nell’era dell’informazione. Lessig, come noto, demolisce il concetto di danno sociale attribuito al P2P e soprattutto l’idea che chi scarica la copia di un brano musicale, ad esempio, possa essere equiparato a chi sottrae l’ unica copia , per così dire, di un oggetto fisico. Non solo. “È ormai provato – insistono i promotori del progetto di legge – che la condivisione gratuita dei contenuti online non danneggia i detentori dei diritti, ma addirittura in alcuni casi induce un bisogno di cultura che ha positive ricadute anche sul mercato. Una recente ricerca dell’Associazione nazionale delle industrie cinematografiche e audiovisive (ANICA), ad esempio, dimostra che tra chi fa file sharing vi è una maggiore propensione ad andare al cinema rispetto al resto della popolazione”.
L’introduzione alla proposta accenna anche alla futura piattaforma di condivisione Qtrax annunciata di recente dall’industria , un progetto che dimostra la bontà della tecnologia e, in più, il fatto che dopo tanti anni di caccia spietata ai sistemi di condivisione l’industria dei contenuti individui proprio in questi ultimi uno strumento per risollevarsi dalla crisi delle vendite dei supporti tradizionali.
La soluzione
Il pdl propone, nientepiù nientemeno, l’introduzione delle licenze collettive riferite ad utenti che intendano condividere i propri archivi digitali su reti telematiche per fini personali e senza scopo di lucro .
L’idea, cioè, è di prendere esempio dalle licenze collettive nordeuropee e far sì che chi detiene il diritto d’autore sviluppi “una nuova generazione di modelli di licenze collettive destinati agli utenti online”. Il che si traduce nel promuovere accordi ad hoc tra SIAE e associazioni dei consumatori .
Ne consegue, dunque, la nascita di licenze per il P2P , che consentirebbero la legalizzazione definitiva di un’attività senza scopo di lucro portata avanti quotidianamente da centinaia di migliaia se non milioni di utenti italiani.
“È così possibile, al contrario di quanto avviene oggi – concludono i promotori – per effetto di una politica incapace di immaginare e di elaborare soluzioni alternative al ricorso alla sanzione penale, combinare due fondamentali esigenze: il riconoscimento di diritti che riguardano la produzione intellettuale, culturale, le opere dell’ingegno e i diritti d’autore, con il riconoscimento dei valori costituzionali da cui il diritto d’autore medesimo ripete i propri limiti come il proprio fondamento, quali i diritti e le libertà individuali delle persone in ordine all’accesso alla cultura, alla fruizione, alla produzione e alla circolazione della conoscenza”.
Di seguito, grazie all’avv. Daniele Minotti , abbiamo realizzato uno specchietto delle più interessanti proposte di legge in materia di diritto d’autore e libertà dell’informazione al momento all’attenzione del Parlamento.
Roma – In questi giorni ho spulciato un po’ i siti del Parlamento ed ho trovato, finalmente, tutti i testi di alcuni disegni di legge annunciati negli ultimi mesi. Sono proposte molto interessanti da cui ho estratto le cinque principali.
Per motivi di completezza, partirei da aprile con il già noto disegno di legge (S-1461) del Senatore Bulgarelli in materia di P2P.
Incentrato sulla valorizzazione-celebrazione del fair use, prevede tre fondamentali modifiche:
– abrogazione del reato di messa a disposizione per via telematica (tale è il file sharing) anche senza dolo di lucro o profitto (la recente lettera a-bis dell’art. 171 l.d.a.) e reintroduzione del dolo di lucro (vantaggio patrimoniale) in luogo del dolo di profitto (anche semplice vantaggio morale) nell’art. 171-bis l.d.a. che fissa i reati in tema di programmi per elaboratore;
– rafforzamento del diritto di copia privata anche in forma digitale (attualmente, il diritto massimo è la copia analogica);
– liberalizzazione dell’uso didattico delle immagini pubblicate su Internet.
Si tratta di modifiche importanti ed apprezzabili. Peccato, pero’, che da un lato non si regolino anche le banche di dati come proposto per il software (banca di dati è anche un’enciclopedia multimediale come quelle usate dai ragazzi per le proprie ricerche scolastiche), dall’altro non si intervenga sulla disciplina civilistica (ma si veda, oltre, il ddl C-2973).
Il secondo disegno di legge ( C-2682 ), figlio dell’on. Paola Balducci e altri, è parimenti di sicura attualità anche se, di primo acchito, sembra una mera modifica alle regole del processo civile senza attinenza con la Rete.
C’entra con l’ affare Peppermint , pur non espressamente menzionato nella relazione, e riguarda una proposta di modifica dell’art. 156-bis l.d.a., introdotto per il recepimento della Direttiva 2004/48/CE (cd. “IPRED 1”).
Tre i punti principali:
– sostituzione del termine “prove” con quello di “indizi” (dunque, un più robusto onere della prova a carico del ricorrente);
– previsione dell’opposizione di terzo (attualmente non possibile);
– maggiori tutele per il trattamento di dati personali (in relazione si fa espresso riferimento all’acquisizione di indirizzi IP).
Penso che, malgrado gli esiti dell’ultima pronuncia sul caso Peppermint, siano modifiche auspicabili anche se, contrariamente a quanto detto nel disegno di legge, l’acquisizione di indirizzi IP in una rete P2P non è, giuridicamente, intercettazione.
Il terzo documento ( ddl C-2774 ) presentato dall’On. Mascia e altri prevede una modifica meno articolata, comunque “rivoluzionaria” (ma, in fondo, “reazionaria”, come vedremo). In parte, riprende quanto voluto dal Senatore Bulgarelli.
Attualmente, come brevemente accennato, tra reati in tema di software (art. 171-bis) e quelli relativi alle altre opere (art. 171-ter) esiste uno scollamento non da poco: per i primi è sufficiente il dolo di profitto (mera soddisfazione morale anche non patrimoniale), mentre per i secondi occorre il lucro (vantaggio patrimoniale diretto). Ciò è disceso dalla l. 248/2000 che, appunto, ha abbassato la soglia di punibilità per gli illeciti penali riguardanti i programmi per elaboratore.
Con poco pertinenti (ma altamente demagogici) richiami al software libero, all’Italian Crackdown, alla pronuncia cagliaritana sul software datata 1996 nonchè alla più recente sentenza di Cassazione sullo scambio di materiali via ftp, si propone il ritorno al regime del lucro. Condivisibilissimo perchè, a mio modo di vedere, sanerebbe un’evidente disparità di trattamento in netto contrasto con l’art. 3 Cost. In più, va sottolineato che questo disegno di legge si occupa, giustamente, anche delle banche di dati di cui allo stesso art. 171-bis (il secondo comma).
Diritto d’autore: cosa bolle in pentola
Altro tema rilevante è quello trattato dal ddl C-2962 (On. Beltrandi e altri) presentato prima dell’estate: gli archivi audiovisivi degli enti pubblici (ad esempio, la RAI).
In Italia si moltiplicano le voci a favore di iniziative come quella presa dalla BBC che ha liberalizzato (ma non a scopo di lucro, ovviamente) molti contenuti propri creando il “Creative Archive”. Ma, qui da noi, c’è ancora qualche ostacolo giuridico di cui il disegno prende atto.
L’iniziativa si propone, allora, di allentare questi freni con un occhio di riguardo anche per la successiva distribuzione, non lucrativa, per i canali del file-sharing che tutti conosciamo.
È realmente difficile prevedere l’esito finale di queste proposte. Sicuramente, subiranno emendamenti più o meno sostanziosi anche per effetto dell’influenza dei poteri economici coinvolti.
Questa breve guida vuole essere soltanto un pro memoria per tenere d’occhio l’attività parlamentare, almeno per quanto puo’ emergere dai resoconti, con riferimento al diritto alla cultura.
Avv. Daniele Minotti
www.studiominotti.it
www.minotti.net