I provider del Regno Unito non hanno ceduto al ruolo di vigilantes che gli vorrebbero affibbiare governo e industria dei contenuti. Faranno però i postini: hanno firmato in sei, in sei inizieranno ad inviare lettere di avvertimento ai downloader più sregolati. I provvedimenti che verranno presi, se le lettere non dovessero incutere abbastanza terrore da sortire l’effetto desiderato, sono ancora tutti da decidere.
Benché nel Regno Unito vi siano da tempo sommovimenti legislativi in questo senso, non si parla ancora di proposte da discutere in parlamento: per ora il governo si è limitato a suggellare un accordo stipulato fra i detentori dei diritti e Virgin Media, Sky, Carphone Warehouse, BT, Orange e Tiscali. Molti dei provider si erano strenuamente opposti alle pressanti richieste dell’industria, non avevano intenzione di calarsi nella parte dei cani da guardia, investendo tempo e risorse per vigilare su quanto scorre sulle loro reti, giudicare gli utenti basandosi su indizi controversi e inimicarseli. Ora, la parziale marcia indietro.
Non è stato approntato un meccanismo alla francese, modellato sulla dottrina Sarkozy , non è ancora chiaro come verranno trattati i più infingardi scaricatori: per ora i provider si limiteranno a tenersi in contatto con i rappresentanti degli autori e a tempestare di lettere a cadenze settimanali i downloader più attivi. Non saranno i provider a tenere sotto controllo i netizen: a questo penserà l’industria dei contenuti che, una volta individuato l’ indirizzo IP pirata , lo comunicheranno all’ISP di competenza. “Il vostro account è stato utilizzato per condividere materiale senza permesso”: questo il tono della comunicazione provider-famiglia che ISP come Virgin Media e British Telecom hanno iniziato ad inviare nelle scorse settimane. È probabile che nella missiva l’ISP dia voce a comunicati edificanti da parte dell’industria, che potrà sfruttare questo canale privilegiato di comunicazione per indirizzare gli utenti più irrequieti verso servizi di download a pagamento .
Quello che avverrà dopo le missive di avvertimento è ancora da decidere . Delle stime tracciate nei mesi scorsi suggeriscono che il 70 per cento dei 6,5 milioni di downloader britannici rimarrà raggelato dalla lettera e cederà ad intimazioni e intimidazioni. Ma ciò potrebbe non soddisfare i detentori dei diritti: provider e industria dei contenuti dovranno stilare di comune accordo un codice di condotta .
Si affollano le speculazioni riguardo alle misure che verranno messe in campo per scoraggiare i netizen più temerari. Un sistema alla francese , declinato in tre movimenti, è una delle ipotesi ventilate: già auspicato dal ministro Lord Triesman, un sistema tale farebbe seguire alle lettere di avvertimento sospensioni temporanee del servizio e la disconnessione dell’utente recidivo. C’è inoltre chi teme che sulla connessione del downloader possano abbattersi filtri e limitatori, mentre altri osservatori suggeriscono che lo stato possa introdurre un balzello preventivo sul download, 20 o 30 sterline annuali pagate da coloro che intendano sfruttare la rete come un canale per condividere contenuti.
Non si tratta però che di speculazioni: di ufficiale c’è l’annuncio dell’accordo rilasciato dal Department for Business, Enterprise & Regulatory Reform , nel quale si accoglie con favore la collaborazione spontanea fra ISP e l’industria dei contenuti. Sarà un accordo con il quale i firmatari si impegneranno ad organizzare campagne educative , a rendere disponibile sempre più materiale online con servizi di qualità e a creare un dibattito con Ofcom, dal quale sfocino iniziative che possano arginare il fenomeno del file sharing illegale . Se così non fosse, si procederà al dibattito parlamentare per sfornare una legge che regoli il settore: una consultazione in merito è già stata avviata.
Ma potrebbe non essere necessario un intervento risolutore del legislatore: la collaborazione fra le parti è un idillio. Gioisce naturalmente BPI, il corrispettivo britannico di FIMI, ma abbozzano un sorriso anche dall’associazione di provider ISPA: “I detentori dei diritti e l’industria della musica, del cinema e del software – si legge in un comunicato rilasciato dall’associazione – dovrebbero continuare ad abbracciare Internet e le opportunità che offre per distribuire i loro materiali in maniera efficiente, legale e profittevole”. “Crediamo – spiegano da ISPA – che il futuro possa risiedere in modelli di business che prevedano partnership tra ISP e detentori dei diritti, fruttuose per entrambi”. C’è chi , all’ombra di una collaborazione antipirateria, ha già iniziato a muoversi.
Gaia Bottà