Per essere considerati colpevoli di istigazione alla violazione del copyright non basta offrire ai propri utenti il download di un software che permette di scaricare materiale condiviso in Rete, non basta essere consapevoli del fatto che il materiale a cui il client consente di attingere è in larga parte condiviso in spregio del diritto d’autore. È quanto ha stabilito il giudice della Corte distrettuale californiana incaricata di valutare il caso che vede opposta download.com , afferente a CNET, parte del network CBS, a un manipolo di artisti che da tempo ritengono che i sistemi di condivisione quali uTorrent, LimeWire e affini siano strumenti illegali, indipendentemente da come vengano utilizzati dagli utenti: una colpa che si riverbererebbe anche su chi gli questi strumenti li valuta, li recensisce e li mette a disposizione.
La causa , capitanata dal produttore Alki David, aveva raggiunto un punto di svolta nell’estate 2012: le recensioni del sito di informazione erano state condannate dal giudice Dale Fischer in quanto, abbinate al software da scaricare, si rivelavano fin troppo dettagliate nel guidare il lettore al download e alla condivisione di contenuti protetti. Ma il confronto legale non si era concluso. Nei mesi scorsi i detentori dei diritti avevano chiesto al giudice di impedire a download.com di fare da mirror per il download dei software dedicati al P2P, ribadendo in più occasioni l’evidenza della responsabilità del sito nell’incoraggiare alla violazione della legge.
Richiesta ora negata nell’interesse pubblico.
Il passato è passato, spiega il memorandum del giudice Fischer: “l’istigazione alla violazione richiede più della semplice consapevolezza riguardo a potenziali violazioni”. Ora download.com non distribuirebbe più “alcun software di file sharing con l’intento di promuoverne l’uso per violare il copyright “, a differenza di quanto denuncia tuttora l’accusa, e a differenza di quanto era stato rilevato in precedenza, in recensioni che risalgono a un decennio fa, che potevano rappresentare un vero e proprio invito al rastrellamento di file condivisi in violazione del diritto d’autore.
Nella richiesta di bloccare certi articoli di CNET e download.com il giudice Fischer non intravede la buona fede degli artisti nel voler difendere i loro diritti: “molti degli articoli citati dall’accusa sono semplici e legittime news che in nessun modo incoraggiano o inducono alla violazione del copyright. Questo fa pensare che l’obiettivo dell’accusa vada ben oltre quello di fermare le reali violazioni da parte della difesa e piuttosto miri a sopprimere il pubblico dibattito riguardo alle tecnologie P2P”. Concedere l’ingiunzione, dunque, sarebbe contro il pubblico interesse.
Gaia Bottà