No, in Islanda non si può (più) impunemente condividere film sul circuito DC++ , altrimenti la Corte Distrettuale di Reykjavík prende seri provvedimenti, come è accaduto alle nove persone che l’hanno appena sperimentato sulla propria pelle.
Al gruppetto di sharer è toccata una quantificazione di danni piuttosto salata: circa 26 mila euro . Otto di loro beneficeranno di due anni di libertà vigilata e l’arresto sarà loro risparmiato ma in cambio dovranno dimostrare di “essersi pentiti”. Il nono se l’è cavata con 30 giorni di sospensiva grazie – pare – ad un formidabile avvocato.
Ma Snaebjörn Steingrímsson, presidente dell’associazione locale dei titolari dei diritti sul cinema, ha espresso disappunto per la scarsa incisività dei provvedimenti, ricordando che a settembre del 2004 un’operazione ha condotto alla confisca di computer e CD e che, nella circostanza, una delle persone sospettate disponeva di 2,5 Terabyte di materiale illegale.
C’è chi attribuisce alla latitanza di alternative legali la ragione generale di tanta pirateria: “i siti legali non hanno la stessa scelta di quelli illegali”, si giustifica TorrentFreak , le cui considerazioni prendono spunto da questo articolato studio di Entertainment Media Research .
Ma le contraddizioni non mancano: mentre i principali organi mondiali di tutela – primo fra tutti la MPAA statunitense – gridano al “disastro pirateria”, in realtà nel 2007 almeno negli States i produttori di cinema hanno goduto di un boom commerciale .
Marco Valerio Principato