Nel confuso cielo spagnolo sotto il quale viene sancito il diritto di link e contemporaneamente si procede al sequestro dei portali di P2P , una sentenza emessa di recente stabilisce il principio per cui il file sharing non sia un reato (come al contrario l’industria dei contenuti vorrebbe) ma la semplice evoluzione di un’abitudine antica . Quella di “dare in prestito” i propri beni ad amici, parenti e conoscenti per il solo scopo di permettere loro di fruirne.
Il caso chiuso dalla sentenza di tre giudici spagnoli risale al 2005, quando la società di raccolta dei compensi EGEDA (la SIAE locale) e la casa di produzione cinematografica Columbia Tristar imbeccarono la polizia portando alla chiusura del sito CVCDGO.com e all’arresto di quattro persone riconducibili alla sua gestione.
L’accusa? Sempre la solita, vale a dire la pubblicazione di link e puntatori al download di contenuti protetti dal copyright sulle reti di file sharing, azione in certi casi aggravata dal fatto che la pellicola non fosse ancora nemmeno uscita nei cinema iberici. Divenuto estremamente popolare dopo il lancio nel 2004, CVCDGO.com era arrivato a collezionare 11 milioni di visite oltre che l’interesse niente affatto benevolo dell’industria dei contenuti.
Ci sono voluti 5 anni ma alla fine la giustizia spagnola ha fatto il suo corso: i quattro di CVCDGO sono innocenti, non hanno commesso alcun reato per il semplice fatto che “scambiarsi” contenuti digitali attraverso il file sharing è un’attività perfettamente legittima e legale nella stessa misura in cui lo è prestarsi un libro tra amici.
“È da tempi antichi che esiste il prestito o la vendita di libri, film, musica e molto altro – hanno scritto i giudici – la differenza ora consiste principalmente nel mezzo utilizzato: in precedenza c’erano la carta o i mezzi analogici e ora tutto è in formato digitale, la qual cosa permette uno scambio molto più veloce e di maggiore qualità raggiungendo ogni parte del mondo grazie a Internet”.
Lo scambio dei contenuti incriminati è avvenuto tra moltissimi utenti in contemporanea senza che nessuno ne ricevesse un diretto ritorno economico , dicono ancora i giudici, ragion per cui le pretese accusatorie dell’industria decadono e ai quattro admin di CVCDGO va restituito lo status di cittadini liberi e incensurati.
Alfonso Maruccia