New York (USA) – Nelle scorse ore l’associazione dei discografici americani RIAA ha denunciato altri 482 anonimi all’autorità giudiziaria, ritenendo che siano utenti impegnati in attività illegali attraverso le piattaforme di file sharing .
Da quando la RIAA ha esteso la propria azione legale, colpendo gli utenti in aggiunta agli attacchi già sferrati contro le società che producono software per la condivisione di file, è passato un anno. Con l’ultima infornata il numero di utenti denunciati è arrivato a quota 3.429. In pratica 9-10 utenti al giorno .
Le major continuano ad essere convinte che un’azione del genere più che infastidire gli appassionati di musica nonché acquirenti di CD sia destinata a far capire agli utenti del P2P che condividere file protetti da diritto d’autore non è legale, è sbagliato, non si fa. “E’ più importante che mai – ha peraltro fatto sapere poche ore fa uno dei legali della RIAA, Steven Marks – che noi si continui a far rispettare i nostri diritti e a garantire che gli appassionati fruiscano della musica digitale in un modo che ne sostenga il processo creativo e non in un modo che lo derubi del futuro. Il mercato dell’online è cambiato radicalmente da quando abbiamo iniziato questa campagna”.
RIAA, dunque, ancora una volta vede un parallelismo tra repressione del fenomeno del file sharing e possibilità di sviluppo del mercato della distribuzione musicale legale via Internet.
Un effetto sicuro delle denunce presentate dalle major è quello di aver diffuso la propria visione del file sharing e aver consentito agli utenti del peer-to-peer di comprendere a quali rischi legali si vada incontro per le attività di scambio-file. Ma non è ancora chiaro se tutto questo possa davvero ridurre il fenomeno del file sharing. Le stime delle major sostengono che i brani disponibili illegalmente sono in diminuzione ma ci sono dati che indicano diversamente . Nel frattempo aumentano anche le perplessità degli stessi artisti sui metodi adottati dalle case discografiche.