Si tratta di un piano strategico che ha scatenato le più aspre reazioni da parte degli Internet Service Provider (ISP) britannici. Al centro delle accese polemiche, una suddivisione dei costi ritenuta iniqua, almeno secondo quei fornitori di connettività già ampiamente critici verso il Digital Economy Act .
Ovvero quella legge passata in fretta e furia in Parlamento per adottare la cosiddetta cura Mandelson al file sharing illecito. Una legge che provvederà al triplice richiamo all’ordine per l’intera comunità britannica del P2P, minacciata a suon di strozzature delle connessioni o addirittura di estromissione totale dalla Rete.
Ma chi pagherebbe per l’effettiva implementazione di questo assetto legislativo? Come annunciato dal governo di Londra, i tre quarti dei costi totali verranno addebitati ai detentori dei diritti. A pagare per il restante quarto, i vari provider d’Albione . Tutti quei condivisori colti in flagrante non dovranno infatti pagare alcunché in caso di ricorso contro le notifiche inviate dai signori del copyright.
Per le autorità britanniche si tratterebbe di una mossa necessaria , che aiuterà non poco l’intera economia creativa nazionale. I dati snocciolati hanno parlato di circa 200 milioni di sterline all’anno , salvati dalle grinfie dei cattivoni del P2P. Ma ISPA – ovvero l’associazione che nel Regno Unito tutela gli interessi dei provider – non è sembrata affatto contenta di questa suddivisione degli oneri.
Nicholas Lansman, segretario generale di ISPA, ha infatti sottolineato come a sostenere tutti i costi debbano essere solo ed esclusivamente i vari detentori dei diritti . Una posizione caldeggiata dal provider TalkTalk, che ha parlato di una suddivisione oltraggiosa, soprattutto perché atta a tutelare gli interessi del solo copyright.
Non di quest’avviso la British Phonographic Industry (BPI), che tramite il suo direttore per le comunicazioni Adam Liversage, ha sottolineato come i vari provider dovrebbero pagare anche di più per la lotta al P2P. Questo perché i file sharer approfittano dei loro network per violare ripetutamente il diritto d’autore.
Mauro Vecchio