Alla fine dello scorso gennaio, il Consiglio dei Ministri diramava un comunicato stampa per annunciare l’approvazione di un provvedimento epocale, sancendo il principio di assoluta trasparenza di tutti gli atti e i documenti della Pubblica Amministrazione (PA). Per la prima volta in Italia, il governo avrebbe introdotto un modello simile a quello in vigore negli Stati Uniti con le predisposizioni legislative del Freedom of Information Act (FOIA) .
Nello stesso comunicato pubblicato da Palazzo Chigi, ai cittadini italiani veniva offerto uno strumento legislativo sul modello a stelle e strisce, che “garantisce l’accessibilità di chiunque lo richieda a qualsiasi documento o dato in possesso delle PA, salvo i casi in cui la legge lo esclude espressamente, ad esempio per motivi di sicurezza”. Paradossalmente, il testo di un provvedimento sulla trasparenza non era stato reso pubblico .
Dopo settimane di silenzio assoluto, sul sito web foia.it è apparso il testo dello “schema di decreto legislativo recante il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, nella versione approvata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il suo effettivo contenuto ha confermato i principali sospetti circolati online.
All’articolo 3 ( pubblicità e diritto alla conoscibilità ) si può infatti leggere che “tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli”. “Come dire che il governo avrebbe deciso di rendere pubblico ciò che già, altre norme vigenti, stabiliscono essere pubblico”, ha commentato l’esperto avvocato Guido Scorza sulle pagine digitali de Il Fatto Quotidiano .
Ma il testo del provvedimento adottato da Palazzo Chigi non ha sorpreso soltanto in merito all’adozione di un modello simile al FOIA statunitense. Agorà Digitale ha lanciato una petizione contro il “condono sulla trasparenza”, dal momento che il governo vorrebbe abrogare l’articolo 18 del decreto legge 83/2012 (cosiddetto Decreto Sviluppo) sulla prima adozione a livello legislativo dei meccanismi dei dati aperti (open data) .
Come predisposto nello scorso giugno, tutte le PA italiane avrebbero l’obbligo di pubblicare online – e in formato aperto – tutti i dati di spesa superiori ai mille euro . Dall’articolo 18 del DL 83/2012 , “la concessione delle sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese e l’attribuzione dei corrispettivi e dei compensi a persone, professionisti, imprese ed enti privati e comunque di vantaggi economici di qualunque genere ad enti pubblici e privati, sono soggetti alla pubblicità sulla rete Internet, ai sensi del presente articolo e secondo il principio di accessibilità totale”.
“Il provvedimento, secondo le intenzioni del governo, dovrebbe servire a modernizzare il nostro Paese, ma le bozze che circolano ufficiosamente mostrano che avrebbe paradossalmente l’effetto opposto – si legge in un comunicato diramato da Agorà Digitale – Abrogherebbe la rivoluzionaria norma che obbliga a pubblicare in modo più accessibile possibile, in formato open data, tutte le informazioni sulla spesa pubblica, rimandando di almeno un altro insostenibile anno la pubblicazione comprensibile e in un unico luogo di tutti i dati su come vengono gestiti i soldi delle nostre tasse”.
Mauro Vecchio