Tra le misure contenute nel Consiglio dei Ministri delle scorse ore v’è un provvedimento passato quasi inosservato, ma di sicura importanza per il mondo dei pagamenti digitali. Si tratta di uno dei tanti adeguamenti alle normative europee che l’UE ci ha chiesto in cambio dei fondi del PNRR, elementi sui quali il premier Mario Draghi ha fatto grande pressione affinché si riuscisse ad una maggior omologazione con l’Europa su molti temi cruciali.
L’Italia si adegua alla normativa UE sui pagamenti digitali
Il tutto è racchiuso nel testo indicato al punto 15 dell’excursus offerto dal Governo al termine del CdM:
Attuazione della direttiva 2019/713/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti e che sostituisce la decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio (Ministro della giustizia).
La direttiva UE di riferimento è la 2019/713 e la premessa ben motiva l’impulso UE all’omologazione europea delle normative nazionali sul tema:
Le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti costituiscono una minaccia alla sicurezza in quanto rappresentano fonti di entrate per la criminalità organizzata e quindi rendono possibili altre attività criminali come il terrorismo, il traffico di droga e la tratta di esseri umani. Esse rappresentano inoltre un ostacolo al mercato unico digitale, intaccando la fiducia dei consumatori e causando una perdita economica diretta. L’esistenza di lacune e differenze considerevoli nel diritto degli Stati membri in materia di frodi e falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti può ostacolare la prevenzione, l’individuazione e il perseguimento di questi tipi di reato e di altre gravi forme di criminalità organizzata ad essi connesse e da essi facilitate, e rende più difficile la cooperazione di polizia e la cooperazione giudiziaria, e quindi meno efficaci, con conseguenze negative sul piano della sicurezza.
L’adeguamento rappresenta un elemento di grande importanza perché consente ai Paesi dell’UE di parlare una lingua sola, utile alla comprensione reciproca ed allo scambio di informazioni puntuali per evitare falsificazioni, riciclaggio e truffe. Il tutto, in particolare, deve saper contemplare i vari sistemi di pagamento esistenti, anche e non solo in termini di valuta virtuale:
Le definizioni dovrebbero contemplare nuovi tipi di strumenti di pagamento diversi dai contanti che consentono trasferimenti di denaro elettronico e di valute virtuali. È opportuno che la definizione di strumenti di pagamento diversi dai contanti riconosca che uno strumento di pagamento diverso dai contanti possa essere composto di elementi differenti che operano congiuntamente, ad esempio, un’applicazione per pagamenti tramite dispositivo mobile e la corrispondente autorizzazione (ad esempio una password). Ai fini della presente direttiva, il concetto di strumento di pagamento diverso dai contanti dovrebbe essere inteso nel senso che lo strumento pone il titolare o l’utente dello strumento nella posizione di permettere realmente un trasferimento di denaro o valore monetario o di iniziare un ordine di pagamento. Ad esempio, ottenere illecitamente un’applicazione per pagamenti tramite dispositivo mobile senza la necessaria autorizzazione non dovrebbe essere considerato un ottenimento illecito di uno strumento di pagamento diverso dai contanti, in quanto non permette realmente all’utente di trasferire denaro o valore monetario.
L’obiettivo è di arrivare dunque ad una omologazione completa della legislazione europea sui sistemi di pagamento, tale da prevedere pene più severe in caso di illecito e metodologie di perseguimento dei malfattori più incisive. Fin qui l’Italia aveva latitato, ma ora c’è: è bastato un CdM per togliere un tappo che creava rischi normativi che sarebbero potenzialmente ricaduti sul capo di qualunque risparmiatore.