C’è chi ha già parlato di una nuova grande muraglia digitale, eretta dalle autorità del Pakistan per bloccare l’accesso a determinati contenuti del web. Contenuti giudicati blasfemi, gravemente offensivi nei confronti dell’Islam e del suo profeta Maometto. Alcuni tra i principali servizi online dovranno quindi essere sottoposti al più rigido dei controlli.
Almeno secondo recenti dichiarazioni ufficiali emesse da Khurram Mehran, portavoce dell’autorità pakistana per la regolamentazione delle telecomunicazioni. Che, su esplicita richiesta del ministero locale per l’IT, provvederà al monitoraggio di alcuni siti web, tra cui quello di YouTube e di Amazon .
Controlli che si estenderanno a motori di ricerca come Bing e Google, fino ad arrivare a Yahoo! e ad altri 17 spazi online meno noti alla grande utenza, tra cui un blog che ha promosso una petizione definita anti-islamica. Obiettivo delle autorità pakistane sarà quello di bloccare link o intere pagine , evitando allo stesso tempo di compromettere le normali funzionalità di ciascuno dei siti indicati.
Non si tratta certo delle prime saette scagliate dalle autorità di Islamabad verso gli attuali protagonisti del web. Alla fine dello scorso mese era infatti toccato a Facebook , al centro della bufera per alcune vignette ritenute offensive nei confronti del profeta Maometto. Poi erano stati bloccati i siti di Wikipedia, Flickr e YouTube.
E proprio la piattaforma di video sharing di Google è finita ancora nel mirino delle autorità turche , che hanno sottolineato come BigG abbia scatenato una vera e propria guerra nei confronti del governo di Ankara. Il blocco, che dura ormai da tempo, sarebbe superabile – secondo le autorità – solo con la corresponsione da parte dell’azienda di Mountain View di tasse mai pagate , relative al canale pubblicitario locale.
Mauro Vecchio