Roma – Dopo la panoramica , dopo anche essermi disperato , vengo finalmente a dire la mia sul WiMax: sono d’accordo con tutti tranne quelli che non hanno considerato gli altri, dove per “altri” intendo anche il sistema paese. Si chiama “fare sistema” ed è il contrario del partito NIMBY-BANANA . E in questo senso sembra andare il documento presentato congiuntamente da DS e Margherita il 5 aprile scorso e contenente una proposta di gestione delle frequenze; ma anche quel documento, proposta forse ancora un po’ acerba anche se nell’ottica giusta, non basta a respingere le pressioni delle lobby.
La palla WiMax al momento è al Ministero delle Comunicazioni ai piedi del Ministro Paolo Gentiloni, il quale può fare tutto quel che serve indipendentemente da quanto statuito dall’Autorità TLC. Ma farà quello che serve al paese solo se gli indichiamo con forza qual è il pubblico interesse – se non ti esprimi, non esisti – e vorrà farlo perché anche lui ci tiene ad aggregare il consenso necessario ad essere rieletto. Internet, al contrario della TV, vi permette di dire la vostra, e senza dover spostare le natiche dalla poltrona, perdere giornate di stipendio per andare a manifestare, e nemmeno spendere soldi per il francobollo: non importa se non avete fatto neanche le scuole medie o siete invece dei guru delle TLC, fatelo .
Quella che segue, attenzione, non è la mia (possessivo) ricetta; io sono soltanto uno che scrive una possibile miscela di tutto ciò che già esiste nell’ottica della flessibilità; unico vero punto di convergenza universale.
Credo che per soddisfare quello che al momento sembra essere l’orientamento europeo per il mercato, dare priorità agli interessi del paese – ovvero collegare tutti, prima possibile, simmetricamente – ascoltare il mondo accademico così come i rantoli dell’industria, dovremmo dividere lo spettro in 3 parti uguali : un terzo (21Mhz) regolato con il metodo tradizionale; un terzo (21Mhz) regolato con il metodo market driver, introducendo cioè la possibilità per gli operatori di cedersi l’un l’altro la concessione; un terzo (21Mhz) regolato con il modello open spectrum con una normativa cioè che non esprime chi può usarlo o come deve essere usato, e che non crei dei gradini d’ingresso di nessuna natura (es: pagamento di una gabella). Il tutto amalgamato da regole generali, trasversali cioè a tutte le fasce di utilizzo, che impongono interoperabilità e interconnessione; quest’ultima caratterizzata da un livello minimo di qualità.
Questo – analogamente a quanto segnalato da Stefano Quintarelli – se si vuole assumere subito un assetto flessibile e quindi competitivo.
Il regolamento infimo appena varato dall’Autorità TLC individua 3 licenze per macroregione, il governo, se proprio deve dividere lo spettro, può trasformare queste licenze in 3 ecosistemi indipendenti – servizio pubblico finalizzato al solo servizio universale entry-level, market-driven e open spectrum – che daranno tra qualche anno dati concreti, e facilmente comparabili, sulle performance dei 3 diversi modelli di gestione.
Fermo restando che, come rilevato dallo stesso Fulvio Sarzana S. Ippolito in un suo articolo , chiunque prenda in concessione lo spettro radio nei due ecosistemi dove è prevista concessione, deve essere obbligato – e nell’ecosistema market-driven l’obbligo deve essere reiterato ad ogni passaggio di consegne – a raggiungere obiettivi definiti in modo netto e collocati nel tempo, pena la restituzione automatica della risorsa pubblica all’interno dello stesso ecosistema di appartenenza.
A questo ultimo punto aggiungerei soltanto l’idea quintarelliana di abbreviare l’iter di accertamento e sanzione in caso di non copertura del territorio. Per garantire un qualsiasi assetto normativo si devono però decidere fin da ora le modalità di accertamento e sanzione per i segmenti di spettro concessi ai privati (market-driven), ed evitare il clientelarismo per l’ecosistema a gestione tradizionale.
Gli altri scenari di MFP sono disponibili a questo indirizzo