Nello scontro tra le grandi potenze economiche dell’Asia per la conquista di un gruppo di isole disabitate tra le acque del mare cinese orientale, con una mossa a sorpresa, il governo giapponese sembra pronto ad acquistare i cinque isolotti di Senakuin – nome adottato solo nel Sol Levante, mentre in cinese diventa Diaoyu – da un misterioso imprenditore locale.
E cosa c’entra il gigante dell’elettronica Panasonic nella disputa tra Giappone e Cina? L’azienda nipponica ha deciso di chiudere due dei suoi stabilimenti a Qingdao, nella provincia dello Shandong . Le attività di assemblaggio sono state temporaneamente sospese, a causa dei movimenti di protesta scatenatisi in terra cinese.
Tensione alle stelle tra i governi di Pechino e Tokyo, dal momento che la Cina ha sempre considerato suo il gruppo di isolotti disabitati nel mare orientale. L’eventuale presenza nipponica non sarebbe affatto gradita, ipotesi che ha scatenato violenza e soprattutto un’ondata anti-giapponese.
I vertici di Panasonic – ma anche di altre aziende come Canon – hanno spedito a casa tutti i lavoratori nelle fabbriche di Qingdao, annunciando la ripresa delle attività nei due centri solo dopo lo scampato pericolo . Pare che un nugolo di operai cinesi abbia sabotato le attività di assemblaggio per il colosso dell’elettronica di consumo.
Mauro Vecchio