Quello di Sony, da 1 miliardo di dollari, era sembrato enorme: ma quello di Panasonic, a confronto, è una catastrofe. Il deficit nell’anno fiscale 2009 del marchio un tempo conosciuto come Matsushita è pari a 379 miliardi di yen, all’incirca 3 miliardi di euro : un calo legato alla flessione generale del mercato, in linea con le previsioni , ma che pone problemi e impone soluzioni diverse da quelle fin qui adottate dalla concorrenza nipponica.
Nessuno dei molti settori in cui opera Panasonic si salva dal calo: calano i prodotti audio-video digitali del 13 per cento, calano gli elettrodomestici del 9 per cento così come i prodotti per la domotica e l’health-care. Cala del 21 per cento la fornitura di componenti elettronici , il settore che va peggio di tutti, ma calano del 14 per cento anche tutti gli altri piccoli comparti in cui l’azienda nipponica è impegnata.
Nel complesso , il fatturato nella madrepatria è calato di poco meno di 500 miliardi di yen, pari al 10 per cento del risultato del 2008: è andata meglio che oltreoceano, dove il pur conosciuto marchio Panasonic ha visto ridursi del 19 per cento gli introiti. Uno squilibrio che secondo l’azienda di Osaka è senz’altro legato all’origine dell’attuale crisi economica: il crack finanziario è partito dagli Stati Uniti , uno dei più importanti mercati esteri, portandosi appresso un po’ tutta la baracca e facendo calare drasticamente gli utili per non parlare dei dividendi.
Come se ciò non bastasse, con il rafforzamento dello yen sul mercato valutario e la contrazione della domanda, anche il valore dei beni mobili e immobili di Panasonic è calato di quasi 1.000 miliardi di yen (7,7 miliardi di euro): anche la valorizzazione in borsa si è ridotta drasticamente, e l’azienda si è vista costretta ad inserire nel bilancio una serie di voci necessarie a tamponare i costi di una ristrutturazione sia logistica che economica fattasi inderogabile.
Inoltre, secondo Panasonic, la faccenda non è destinata a migliorare nell’anno fiscale 2010 (che si chiuderà a marzo del prossimo anno): nel quadro attuale, la stima dell’azienda è di un altro anno di rosso (seppur meno cupo), con qualcosa meno di 200 miliardi di yen (1,5 miliardi di euro) di perdite. Nel 2011, ma questo il comunicato stampa non lo dice, i conti dovrebbero tornare all’attivo come nel 2008 (c’erano stati utili per oltre 2 miliardi di euro), grazie soprattutto ad una ristrutturazione aziendale e del proprio portfolio prodotti già avviata.
Un ruolo chiave, infine, dovrebbe giocarlo l’acquisizione di Sanyo , operazione che da sola vale 6,5 miliardi di euro, in grado di contribuire in modo decisivo al rinnovo dell’immagine e della tecnologia Panasonic grazie all’enorme know-how ecologico che l’altra azienda nipponica si porta in dote. Un’acquisizione che ancora deve essere completata poiché si attende l’ok degli organismi regolatori del mercato, ma che fanno ben sperare la dirigenza per il futuro.
A questo si unirà il taglio del 5 per cento dei circa 300mila dipendenti e di 40 stabilimenti in giro per il mondo, nonché la chiusura dei comparti giudicati improduttivi. Panasonic poi dipende meno di Sony dal mercato estero, e l’auspicio dei manager di Osaka è che la domanda interna al Giappone riprenda rapidamente regalando respiro ai conti. Infine, al contrario di Sony, Panasonic sembra cosciente del cambio nella qualità della domanda: i prodotti che verranno lanciati saranno ritagliati su un profilo, anche di prezzo, più basso, così da venire incontro alle rinnovate esigenze di austerità tipiche dei tempi di crisi economica.
Luca Annunziata