Pandora, servizio di musica in streaming lanciato nel 2000 ad incarnare i primi sogni di jukebox celestiale e le prime speranze dell’industria di battere il P2P con un’offerta di intrattenimento musicale legale, ha annunciato l’acquisizione dei alcuni asset di Rdio, analogo servizio nato nel 2010 dall’iniziativa di Niklas Zennstrom e Janus Friis, imprenditori che hanno partecipato alle vicende burrascose di Kazaa e fondatori di Skype.
Rdio, nonostante il discreto successo di pubblico e la diffusione su numerosi mercati, ha dichiarato bancarotta : Pandora, le cui ambizioni di business per lo streaming musicale sono per ora state confinate al mercato statunitense, australiano e neozelandese e sono state limitate dalla natura delle licenze che deve ai detentori dei diritti per un servizio “non interattivo”, sembra aver intravisto nell’acquisizione di parte degli asset di Rdio una spinta a riprogrammare il futuro.
Per 75 milioni di dollari Pandora non acquisirà il catalogo di Rdio, le cui licenze non sono trasferibili, ma le tenologie e la relativa proprietà intellettuale , che potranno contribuire a sospingere Pandora a completare la propria offerta radiofonica “non interattiva” con nuovi modelli di business, compreso lo streaming on demand che ha fatto il successo di piattaforme come Spotify, e che servizi come Apple Music e YouTube ritengono un aspetto fondamentale della propria offerta.
Pandora può già vantare oltre 78 milioni di utenti, più di quanti ne conti Spotify con il proprio modello freemium, una platea sconfinata rispetto ai servizi recentemente lanciati da Apple e YouTube: la prospettiva do Pandora, secondo gli osservatori e secondo le indiscrezioni , sembrerebbe essere quella di consolidare le proprie basi con una espansione internazionale, supportata da un modello di business a pagamento che includa lo streaming on demand, così da competere con gli altri attori del mercato con una offerta alla pari.
Gaia Bottà