Parigi – Cambia ancora una volta la legge francese sul diritto d’autore che ha sollevato grosse polemiche : il Consiglio costituzionale nazionale ha infatti deciso che due aspetti fondamentali della normativa non sono accettabili, aprendo così le porte a punizioni esemplari per chi usa illecitamente il P2P e a nuove tipologie di contratti di licenza DRM .
L’organismo transalpino ha deciso che non vi sarà differenza tra chi produce software peer-to-peer usato per scambiare file illegalmente e chi effettivamente li scambia e condivide in rete. Sono infatti stati rivisti gli articoli della legge che prevedevano sanzioni pecuniarie minime per la condivisione di file tutelati dal diritto d’autore: per sviluppatori e utenti ora la massima pena è la stessa, vale a dire fino a tre anni di reclusione e fino a 300mila euro di multa .
Durissime le critiche : per ottenere questo risultato il Consiglio ha infatti eliminato quella clausola che escludeva dalle sanzioni gli sviluppatori di software di scambio pensato esplicitamente per la condivisione di materiale legale. L’Associazione Audionautes scrive : “Qualsiasi sviluppatore francese lavori su questi software potrà essere denunciato da detentori del diritto d’autore o produttori di DRM. Anche quando il software è pensato per materiali non tutelati dal diritto d’autore”.
È stato poi rivisto anche l’altro nodo “chiave” della normativa, quello che obbliga i jukebox che fanno uso di DRM a consentire ai competitor di creare rivendite online interoperabili con i propri servizi. La norma, notoriamente invisa ad Apple , che gestisce gran parte del mercato musicale legale online con il suo iTunes Music Store , ora prevede che il DRM debba essere “aperto” ma solo dietro pagamento di una licenza . Lo sviluppo di software interoperabile anche da parte di produttori indipendenti, ad esempio open source, non potrà essere portato a compimento senza preventiva autorizzazione del detentore del DRM con cui si vuole “interoperare”.
Questo non elimina il problema indicato da Apple ed altri produttori, secondo cui ognuno dovrebbe fare con il proprio DRM quel che desidera, ma rende la misura più digeribile ai big del settore. Va detto che proprio sull’associazione proprietaria tra jukebox e lettore multimediale portatile, società come Apple hanno dato vita ad un business di grandi dimensioni. Secondo gli estensori della normativa, però, la mancata interoperabilità dei DRM usati dai diversi distributori è una misura essenziale per garantire il consumatore.
Ma c’è di più, spiega ancora Audionautes : nelle interpretazioni fornite dal Consiglio il fair use viene fatto a pezzi, in quanto viene considerato normale il fatto che non si possa effettuare la copia privata di un prodotto condito dal DRM, cioè dalle tecnologie anticopia, formalizzando quindi il fatto che se il DRM non prevede nemmeno la copia di backup, questa non può essere fatta.
Le modifiche introdotte dal Consiglio sono immediatamente applicabili alla normativa che si avvia ora, questione di pochi giorni, alla promulgazione formale e dunque all’entrata in vigore.