E dopo il terrorismo e i morti di Parigi è arrivato il terrore sparso a piene mani contro la malvagità degli algoritmi crittografici, una tecnologia che a detta dei governanti con il dito sul grilletto ha facilitato l’organizzazione e l’esecuzione degli attentati che hanno portato il lutto nella capitale francese. E che risulta comodo interpretare come giustificazione al fallimento del tecnocontrollo.
Ovviamente Internet e comunicazioni cifrate sono subito entrate nel mirino dei politicanti desiderosi di individuare un colpevole – qualsiasi colpevole – e rassicurare gli elettori sul futuro della civiltà occidentale tecno-dipendente: ora da Parigi arrivano le dichiarazioni del ministro dell’interno Bernard Cazeneuve, che si dice intenzionato a rafforzare i mezzi e i fondi a disposizione della polizia per indagare online e bypassare le tecnologie crittografiche usate dai terroristi.
Ma i terroristi i Parigi hanno davvero comunicato tramite applicazioni e algoritmi cifrati per organizzare gli attentati? I funzionari europei consultati dal New York Times lo presumono, senza offrire alcuna prova o nominare alcuno strumento impiegato per agire sulla base della “consapevolezza di essere monitorati”.
Gli americani, che al tecnocontrollo ricorrono a piene mani, ci vanno giù duri in ogni caso: l’ex-direttore della CIA James Woolsey dichiara che Edward Snowden ha le mani macchiate di sangue, a causa dell’approccio più “soft” all’abuso della privacy online adottato dall’amministrazione americana in seguito ai documenti trafugati dall’ex-analista della CIA. Il fatto è che i gruppi terroristi internazionalisti sono noti per aver usato le comunicazioni criptate sin dagli anni ’90, al netto di Snowden, e che l’Isis è noto per fare uso delle chat “sicure” di Telegram – forse lo stesso sistema di comunicazione che la NBC ha speciosamente descritto come un “help desk” disponibile ai potenziali terroristi con tanto di aiuti e consigli forniti da uno staff disponibile H24.
Sia come sia, la macchina della propaganda anti-crittografia è in funzione a pieno regime, la corsa alla Casa Bianca ne verrà inesorabilmente influenzata e nel Regno Unito – dove GCHQ esegue quello che NSA comanda – il primo ministro David Cameron ne approfitta per esprimere esplicitamente il proprio supporto alla proposta di legge Investigatory Powers Bill , o quella che Cory Doctorow ha definito come il Patriot Act in salsa britannica; nel mentre il Cancelliere dello Scacchiere (conservatore) George Osborne fa da sponda a Cameron parlando di potenziali e “mortali” cyber-attacchi contro le infrastrutture UK a opera dello stato islamico.
E la posizione delle aziende e dei colossi IT, a cui in parte si deve la disponibilità di nuovi strumenti crittografici per la protezione dei dati degli utenti in epoca post-Datagate? Le aziende IT non parlano, per il momento, anche se le posizioni dei principali protagonisti del settore contro le backdoor di stato sono ben note da tempo .
Alfonso Maruccia